Pistorius, il Tas riaccende il sogno

pistorius.jpgLa verità è che si è materializzato un sogno. Infatti, intorno alle 15 e 22 minuti del 16 maggio le agenzie di stampa battevano una notizia a dir poco esaltante: Oscar Pistorius, l’atleta sudafricano, ha avuto l’ok da TAS di Losanna e potrà, quindi, gareggiare alle prossime Olimpiadi di Pechino 2008.
La gioia è davvero tanta, si mescola all’entusiasmo, all’ebrezza di poter vedere gareggiare un vero e proprio esempio, positivo, dello sport. Di primo acchito, molti pensano che sia stata fatta giustizia, non per essere giustizialisti ma perché credono nelle valide motivazioni che hanno autorizzato Pistorius a poter concorrere alle gare dell’atletica leggera dei 400 mt nelle Olimpiadi cinesi.
Una decisione accolta dall’opinione pubblica come un chiaro, inequivocabile e sano principio di “civiltà giuridica” prima ancora che sociale, culturale e storico. L’incipit della vicenda Pistorius si ricollega ad una data, quella del 14 gennaio, in cui la decisione del Consiglio della Federatletica mondiale (Iaaf) decretò l’esclusione del velocista sudafricano dalle Olimpiadi dei cosiddetti atleti normodotati.
Il decisum della Iaaf era suffragato dai test fatti all’Istituto di biomeccanica e ortopedia di Colonia. Pistorius era stato messo a confronto con 5 atleti normodotati con i suoi stessi risultati cronometrici, in una serie di test effettuati all’università di biomeccanica di Colonia; la relazione del professor Peter Brügmann, in base alla quale la Iaaf ha escluso il campione sudafricano, si articola su 5 punti. I più qualificanti: «1) Pistorius riesce a correre alla stessa velocità degli atleti normodotati spendendo il 25% di energie in meno, perché, una volta raggiunta una data velocità, correre con le protesi necessita di meno energia rispetto a quella necessaria a chi corre con arti naturali; 2) La meccanica di corsa tra un atleta con protesi e un normodotato è differente come la quantità di energia restituita dalla pista: quella ottenuta con la protesi è di quasi tre volte superiore; 3) La protesi subisce una perdita di energia del 9,3% contro il 41,4 della normale caviglia, il vantaggio meccanico della protesi rispetto alla caviglia di un atleta normodotato è superiore al 30%; 4) Queste protesi consentono di correre alla stessa velocità di un atleta normodotato con minore dispendio di energie».
Le protesi di Pistorius costano 26.500 euro e sono state costruite con materiale di progettazione spaziale. L’atelta sudafricano non ci sta e ricorre al Tribunale Arbitrale dello Sport di Losanna che fissa al 29 aprile la data della decisione sul ricorso che egli ha presentato. La decisione slitta ma, finalmente arriva il fatidico 16 maggio e la gioia dell’ammissione del velocista alle gare olimpiche è incontenibile. Il TAS ha dato ragione a Oscar Pistorius, accettando il ricorso dell’atleta sudafricano contro la decisione della Iaaf che lo aveva escluso dai Giochi di Pechino. Il governo dell’atletica mondiale aveva ritenuto di non poter accettare la partecipazione ai 400 metri olimpici di un contendente ‘aiutato’ da protesi avveniristiche. Ottenuto il via libera dal Tas, ora l’atleta andrà a caccia del tempo limite per l’Olimpiade.
Che dire, Pistorius aveva ragione, la Iaaf torto: le sue protesi in fibra di carbonio non gli danno vantaggi nei confronti dei normodotati. Il Tas di Losanna ha deciso all’ unanimità a favore dell’atleta sudafricano e revocato con effetto immediato la decisione della Iaaf di non ammetterlo agli eventi sanzionati dalla federazione internazionali, Olimpiadi comprese quindi. I tre giudici hanno ritenuto più convincenti gli studi tecnici presentati da Pistorius piuttosto che quelli della Iaaf. Una vittoria dello sport, un chiaro fatto di civiltà giuridica che segna un momento storico decisivo per il mondo degli sportivi e, soprattutto, degli appassionati dell’atletica leggera. Questa decisione ci fa ritenere che le pari opportunità non sono uno slogan di campagna elettorale ma, l’applicazione vera del vivere protesi al benessere sociale per tutti i consociati. Si possono garantire i diritti di ognuno senza ledere quelli degli altri.

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