Campagne anti-Aids, tra reticenze e tabù

anti-aids.jpgLa Sda Bocconi ha realizzato uno studio analizzando vent’anni di comunicazione intorno all’Hiv e i risultati sono tutt’altro che confortanti. Se oggi la percezione del pericolo – e della facilità di diffusione – del virus risultano attenuati nella popolazione, forse qualche colpa ce l’hanno anche le campagne di comunicazione troppo “soft” e poco incisive realizzate a partire dagli anni Ottanta. Grande assente proprio lui, il profilattico, principale barriera che protegge dal virus: un termine che – incredibilmente – compare solo nel 7% dei messaggi prodotti negli ultimi cinque anni.
Poco coraggio. Insomma, le campagne di prevenzione dell’Aids realizzate in Italia dal 1982 a oggi peccano di scarso coraggio, rivelandosi poco efficaci nel far percepire l’Aids come un potenziale problema personale e nel modificare i comportamenti individuali, sostengono Emilio Tanzi e Isabella Soscia della Sda Bocconi, in un paper di prossima pubblicazione, presentato oggi nel corso dell’incontro “E liberaci dal male”, organizzato dal Customer and service science lab della Bocconi.
Messaggi carenti. Gli 85 messaggi che si sono susseguiti in vent’anni (72% a cura del Ministero della Salute, 21% dalla Lila, 7% da Pubblicità progresso) presentano sempre l’inequivocabile contenuto informativo riassumibile nell’espressione “L’Aids c’è”, ma risultano carenti in quanto a ulteriori messaggi. Solo il 44% delle campagne fornisce informazioni pratiche, indicando per esempio a quali servizi rivolgersi; il tema del test, unico strumento attualmente a disposizione per una presa di coscienza del proprio stato di salute, è presente solo nel 31% dei messaggi; solo il 18% delle campagne invita esplicitamente a non discriminare gli ammalati.
Fenomeno in crescita. Con 77.553 casi, l’Hiv ha colpito più persone in Europa nel 2005 che nel 2000. Nel 2004 si sono registrate in Italia 6,7 nuove infezioni per ogni 100.000 abitanti con una sempre maggior incidenza delle femmine (nel 1985 il rapporto uomini/donne era 3,4, nel 2004 era sceso a 2,2) e della trasmissione per via sessuale, etero o omo che sia (si è passati dal 7% del 1985 al 57,8% del 2004)
Condom, chi l’ha visto? Le scarse potenzialità di cambiamento del comportamento personale sono confermate dalla limitata presenza del preservativo nelle campagne. Il termine “profilattico”, o un suo sinonimo, compare nel 29% dei messaggi analizzati, con un andamento oltretutto in picchiata: si precipita dal 44% del periodo 1987-1991 al 7% del 2003-2007. Il preservativo compare visivamente nel 21,2% dei casi analizzati, con un andamento irregolare nel corso del tempo, ma senza che si registri una tendenza alla sua scomparsa, come nel caso del testo.
Manuel Massimo

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