Lavoratori in affitto

ks8948-2294x1529.jpgEra il lontano 1998 quando le Agenzie per il Lavoro (a quel tempo chiamate aziende di lavoro interinale) fecero il loro ingresso nel mercato del lavoro italiano, introducendo il concetto di flessibilità, in base al quale un lavoratore non rimane costantemente ancorato al proprio posto di lavoro a tempo indeterminato, ma muta più volte, nell’arco della propria vita, l’attività occupazionale e/o il datore di lavoro.
Il settore delle Agenzie per il Lavoro è stato oggetto di una ricerca promossa dall’Osservatorio – Centro Studi per il lavoro temporaneo – espressione di Ebitemp (Ente Bilaterale Nazionale per il lavoro temporaneo) e di Formatemp (Fondo per la Formazione dei lavoratori temporanei). L’organismo ha il compito di programmare, organizzare e realizzare ricerche sul quadro economico, giuridico e produttivo del comparto, sulle prospettive di sviluppo, sullo stato e sulle previsioni occupazionali elaborando stime e proiezioni.
La ricerca, condotta dai professori di Organizzazione Aziendale Stefano Consiglio (Università degli Studi di Napoli “Federico II”) e Luigi Moschera (Università degli Studi di Napoli “Parthenope”), ha evidenziato il ruolo svolto e i risultati raggiunti dalle imprese che operano all’interno del comparto. I dati salienti che emergono dall’indagine riguardano principalmente le performance (in termini quantitativi) e le prospettive (in termini qualitativi) delle aziende del settore: in dieci anni la crescita è stata quasl del 150% (le Agenzie sono passate da 33 a 81), un risultato cui si è arrivati passando per un discreto numero di acquisizioni e a fronte di una bassissima mortalità interna. Quest’ultimo dato è facilmente spiegabile dalla presenza di numerose barriere all’ingresso per poter operare nel comparto (soprattutto in termini di solidità economica).
Nell’evoluzione quantitiva non sono mancati momenti di crisi (congiunturale) come quello del 2003, che ha dato vita ad un processo di ristrutturazione. Il settore attualmente è in crescita, grazie anche alla rete di servizi per l’impiego e alla capillarità sul territorio: in alcune regioni le Agenzie per il Lavoro si sono sostituite ai Centri per l’Impiego Pubblici. Il maggior grado di penetrazione nel mercato delle circa 3.000 filiali complessivamente presenti in Italia si ha al Nord e al centro: sud e isole restano toccate marginalmente dal fenomeno.
Dall’indagine emerge anche che le Agenzie per il Lavoro sono partite “generaliste” e via via si sono andate “specializzando”, ridimensionando la crescente frattura tra domanda e offerta di lavoro. Un altro aspetto riguarda la loro utilità: nella percezione comune vengono indicate come un buon tramite per i cosiddetti lavoratori “senza sponsor” (reti amicali/parentali) e per i lavoratori immigrati (che rappresentano circa un quarto del mercato).
Fulvio Fammoni, segretario confederale della Cgil, alla luce delle buone performance complessive del comparto delle Agenzie per il Lavoro invita a non trascurare i problemi – sempre presenti – del “lavoro nero” e delle dinamiche di concorrenza sleale che si verificano attraverso “contratti a tempo determinato sempre ripetibili”. Il vero salto di qualità del lavoro a tempo determinato dovrebbe risiedere in una serie di servizi aggiuntivi, come quelli della formazione. Attraverso Formatemp la crescita bisogna giocarla sulla qualità, sviluppando le potenzialità di chi cerca lavoro. D’altra parte l’occupabilità si sostiene con un sistema che sta a monte delle Agenzie per il Lavoro: in quest’ottica l’orientamento diventa fondamentale.
Il presidente di Assolavoro Gennaro Delli Santi è ottimista sul futuro del comparto che rappresenta: “C’è spazio per correre: un paese sviluppato sul piano dello sviluppo economico ha bisogno del nostro settore”. Un settore che, cifre alla mano, si sta sviluppando costantemente e – secondo Delli Santi – ha avuto tra i suoi meriti quello di “promuovere forme legali di flessibilità e favorire l’emersione dal lavoro nero” guardando alla qualità e alla formazione come “chiavi di volta” del cambiamento. Questo vale soprattutto per alcune tipologie di lavoratori, in modo trasversale: dai giovani alla ricerca di un primo impiego agli immigrati o ai soggetti con esperienza in cerca di riqualificazione. Un altro punto importante riguarda la sicurezza “sia sul che del lavoro”. Proprio in quest’ottica il lavoro a tempo determinato deve rappresentare una fase in vista di una stabilizzazione (nella nuova ipotesi di accordo si parla di 36 o al massimo 42 mesi).

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