Monta la polemica nelle varie università italiane in vista dei tagli previsti dalla manovra finanziaria recentemente approvata dal Governo. Dai ricercatori di Fisica della Federico II di Napoli al dipartimento di Filosofia dell’università di Cagliari; dalla facoltà di Scienze della Formazione di Firenze alle tre università abruzzesi; dal dipartimento di Scienze dei Linguaggi di Bergamo al Senato accademico dell’università di Udine; dalla facoltà di Ingegneria di Pisa ai docenti dell’università di Torino: tutti esprimono «forti preoccupazioni» per le «gravissime» conseguenze del provvedimento, in particolare sulla ricerca e sul sistema dell’università pubblica.
Molto criticati il taglio di 500 milioni di euro al Finanziamento del fondo ordinario (Ffo) per il triennio 2009-2011, la possibilità di trasformazione delle Università in fondazioni di diritto privato, il blocco del turn over del personale al 10% per il 2009 e al 20% per il 2010 e il 2011, e la norma, definita «umiliante e vessatoria», che dal 2009 trasformerà gli scatti di anzianità da biennali a triennali, «riducendo ulteriormente gli stipendi e accentuando il fenomeno della fuga dei cervelli».
Tra le tante iniziative volte a contrastare questi provvedimenti, quella del Consiglio di facoltà dell’università di Pisa, che ha approvato una mozione contro il decreto legge e come gesto di protesta, studenti e docenti hanno lasciato la seduta impedendo il raggiungimento del numero legale necessario all’approvazione della programmazione didattica del prossimo anno accademico. Inoltre, sono già molte le adesioni allo stato di agitazione proclamato da diverse associazioni sindacali.
Il Comitato nazionale universitario invita ad adottare immediatamente l’astensione dalla partecipazione a tutti gli organi di Governo e lo sciopero bianco della didattica (astensione dalle attività didattiche non obbligatorie per legge). Infine, non mancano proposte di iniziative anche drastiche, come il blocco degli esami, delle sessioni di laurea e delle lezioni, qualora da parte del Parlamento non ci fossero aperture dirette a sostanziali abrogazioni o modifiche del provvedimento.
Manuel Massimo
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