“La scuola è fatta per gli studenti, non per pagare una cifra spropositata di stipendi che sono pure da fame: per troppi anni logiche sindacali e governi compiacenti hanno ribaltato la missione della scuola”. L’affermazione del ministro di Istruzione, Università e Ricerca Mariastella Gelmini nel merito può essere condivisibile. Il problema sta nel fatto che, partendo da questo assunto, si vuole giustificare il taglio netto di 87mila cattedre reputandolo non solo “giusto” ma addirittura “necessario”. L’annuncio del ritorno al maestro unico nelle scuole elementari ha avuto un effetto dirompente sul delicato equilibrio dell’universo scolastico: ormai è muro contro muro, insegnanti e sindacati di categoria non ci stanno e faranno sentire le loro ragioni in piazza nelle prossime settimane. Ma il numero uno di Viale Trastevere, alla vigilia dell’anno scolastico, ha cercato di spiegare il senso della sua “Riforma” (attuata attraverso la scorciatoia del decreto-legge) all’insegna della lotta agli sprechi.
Futuro rubato. “La politica sulla scuola è da trent’anni che si comporta in maniera irresponsabile. In questo modo si è rubato il futuro ai giovani della mia generazione, ma sui cittadini italiani del 2020 non si deve scherzare: il loro destino non può essere oggetto di bassa speculazione politica”.
Fine di un’epoca. “La scuola non sarà mai più un ammortizzatore sociale se lo mettano bene in testa tutti, sindacati compresi se non vogliono risultare impopolari nel paese. Perché il contribuente italiano deve pagare in tasse il triplo dei soldi se al posto di 3 maestri ne basta 1, se al posto di 4 bidelli e personale amministrativo ne bastano 3? I soldi risparmiati con l’opera di razionalizzazione del governo devono essere utilizzati per rendere la scuola italiana come quella degli altri grandi paesi europei”.
Meno uguale più? “I dipendenti della scuola sono più di 1.300.000 e sono troppi. Io voglio una scuola con meno professori, più pagati e in cui viene riconosciuto il merito di tanti bravi che ogni giorno lavorano tra mille difficoltà. Il bilancio del ministero dell’Istruzione è utilizzato, infatti, per il 97% per pagare stipendi”.
Stop agli sprechi. “Il problema della scuola italiana non è ‘quanto’ denaro si spende ma ‘come’ viene speso. Ormai è minoranza nel Paese l’idea che basti aggiungere soldi alla scuola per farla andar bene. Non è vero, la scuola in Italia è come una macchina con il motore rotto, non basta aggiustare il motore per farla funzionare”. Secondo il ministro, “lo dimostra il fatto che gli investimenti pubblici per la scuola in Italia sono in linea con gli altri Paesi, ma la qualità è fortemente inferiore. Da tutte le indagini è dimostrato che la qualità della scuola non dipende dal numero di ore che i ragazzi passano a scuola ma dalla qualità della didattica. I paesi migliori nelle classifiche Ocse Pisa sono quelli che hanno il minor numero di ore”.
Manuel Massimo
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