Università, tendenze e prospettive

rapportoitaliaeurispes.jpgIl ventunesimo Rapporto Italia stilato dall’Eurispes fa un check-up globale e puntuale alla nostra società, evidenziando potenzialità e criticità in ciascun settore. Lo stato di salute dei nostri atenei è stato monitorato attraverso diversi indicatori e, dati alla mano, si possono fare alcune considerazioni di massima sull’attuale trend della formazione universitaria e sulle prospettive future del comparto sui punti caldi: governance, valutazione e reclutamento dei docenti.
Atenei in cifre. Dal 1980 ad oggi, il trend degli immatricolati è stato crescente passando dai circa 200.000 del 1980/1981 ai 308.000 nell’anno accademico 2007/2008. Per quanto riguarda il numero degli iscritti, il ritmo di crescita si è stabilizzato, negli ultimi cinque anni, a circa 1 milione e 800mila unità, così come è rimasto pressoché invariato il numero di laureati nell’ultimo triennio (circa 300mila unità all’anno).
Laureati, più ombre che luci. Il rapporto tra laureati e popolazione in età di laurea è passato dal 19% del 2000 al 39% del 2006, al di sopra della media Ocse (37%). Resta, tuttavia, ancora inferiore alla media europea il numero di coloro che hanno una formazione universitaria: sono il 17% della popolazione di età compresa tra i 25 e i 34 anni, a fronte della media dei paesi Ocse al 33%. Altre criticità sono rappresentate dal tasso di abbandono tra il primo e il secondo anno (pari al 20%), dalla scarsa regolarità negli studi e dalla percentuale dei fuoricorso che s’attesta al 40,7%.
Docenti a quota 62mila. A novembre 2008, i docenti di ruolo sono, complessivamente, quasi 61mila e 700 unità (61.685), divisi in 18.965 professori ordinari, 18.282 associati e 24.438 ricercatori. Per la prima volta, in dieci anni, è diminuito il numero di ordinari (di 659 unità) e associati (-457 unità), ma sono aumentati i ricercatori di circa 900 unità (+877). Per tutte le tre fasce di ruolo, l’età media dei professori ordinari è 58 anni, quella dei professori associati è 52 anni e quella dei ricercatori è 44 anni. Inoltre, la presenza femminile tra i professori ordinari ha percentuali più basse rispetto a quella maschile: le donne sono meno del 18%.
Quanto costa uno studente? Mentre i paesi Ocse spendono in media 11.512 dollari per ogni studente universitario, l’Italia ne investe solo 8.026. A differenza degli altri paesi Ocse, la spesa pubblica nel settore universitario non è cresciuta tra il 2000 e il 2006: le entrate ministeriali sono, invece, diminuite passando dal 72,9% del 2001 al 64,7% del 2006. Nel 2006 le entrate complessive per il sistema universitario sono state pari a 12,2 miliardi di euro. Sono però aumentate del 35% le entrate esterne: fenomeno che viene interpretato dal Cnvsu come crescita della capacità imprenditoriale degli atenei.
Tra i nodi al centro del dibattito il più sentito riguarda la governance: le prospettive future, superando la contrapposizione tra derive autonomiste e centraliste, propongono un modello in cui venga salvaguardata l’autonomia degli atenei assegnando al Miur poteri d’indirizzo generale evitando ingerenze gestionali.
Per quanto riguarda la valutazione, fino ad ora, ci sono molte parole e pochi fatti: da più parti viene invocato un sistema meritocratico indipendente per assegnare le risorse in base ai risultati. Ma per incentivare i comportamenti virtuosi e sanzionare quelli lassisti manca un’autorità nazionale indipendente: l’Anvur, istituita nel 2006 dall’ex titolare del Miur Fabio Mussi, non è mai entrata in funzione.
Ormai l’esigenza di riformare i concorsi per la docenza universitaria è diventata ineludibile: per affermare il merito e combattere nepotismi e localismi. Le diverse proposte per arrivare ad una soluzione positiva del problema insistono su composizione trasparente delle commissioni, magari con un sorteggio integrale, oltreché graduatorie nazionali degli idonei. L’attuale sistema viene giudicato farraginoso e ancora troppo legato a logiche baronali.

Manuel Massimo

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