La Gelmini replica a Napolitano

napolitanoperugia.jpgLa reazione della titolare del Miur al discorso “anti-tagli” tenuto a Perugia dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano non si è fatta attendere. Puntuale è arrivata a mezzo stampa una replica firmata Mariastella Gelmini, in cui il ministro puntualizza alcuni aspetti legati alla manovra di contenimento dei costi attuata dal governo.
“Le preoccupazioni del presidente Napolitano sono anche le preoccupazioni del governo. La Ricerca e l’Università sono alla base dello sviluppo di un Paese, ma è altrettanto vero, però, che in questa fase di difficoltà economica internazionale è necessario investire il denaro pubblico con grande attenzione e oculatezza”.
Quindi, secondo la Gelmini: “Bisogna tutelare al massimo le tante realtà di eccellenza presenti in Italia. Tuttavia è nostro dovere amministrativo e morale eliminare gli sprechi e le spese non necessarie accumulate negli anni a causa di gestioni universitarie poco efficaci”.
Il ministro intravvede anche “ampi margini per migliorare le modalità di spesa degli atenei e per destinare fondi alla ricerca e alle università più virtuose” perseguendo al contempo l’obiettivo di “mettere un freno al moltiplicarsi di corsi e sedi distaccate”. In sostanza “il problema principale non è quanto si spende ma come vengono spese le risorse pubbliche”.
A pochi minuti dal primo comunicato del ministro, il Miur ha anche diramato agli organi di informazione una circostanziata nota esplicativa del fenomeno in cui vengono riassunti tutti i dati “dell’università che non va”:
– in percentuale in Italia si laureano meno studenti che in Cile;
– esistono più di 320 sedi distaccate, sono attivi 37 corsi di laurea con 1 solo studente e 327 facoltà con 15 iscritti;
nel 2001 i corsi di laurea erano 2.444, oggi sono più che raddoppiati arrivando a 5.500;
le materie insegnate nelle università italiane sono circa 170.000, contro una media europea di 90.000;
nessun ateneo italiano è entrato nella graduatoria delle migliori 150 università del mondo stilata dal Times;
si sono moltiplicate cattedre e posti per professori senza tener conto delle reali esigenze degli studenti, aumentando la spesa in maniera incontrollata;
molte università italiane hanno i conti in rosso: l’Università di Siena, ad esempio, spende per il personale il 104% del suo finanziamento e la Federico II di Napoli il 101% con decine di milioni di euro di passivo.

Manuel Massimo

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