La ricerca scientifica parla al femminile

Nel tempo l’8 marzo, giornata dedicata alle donne, ha visto cambiare il proprio significato. Oggi infatti è un giorno in cui si fanno i bilanci e si cerca di capire realmente quanto la donna sia impegnata nella società e quanta strada ancora deve fare per affermare la propria forza e il proprio valore. Proprio in base a queste considerazioni, la Federico II, primo ateneo campano, ha voluto creare nel suo interno, in collaborazione con gli Enti per la Ricerca, un Coordinamento napoletano costituito da un gruppo di ricercatrici che operano nei campi della Biologia, Chimica, Fisica, e Architettura, intitolato “Donne nella Scienza”.
Il coordinamento nasce con l’obiettivo di promuovere azioni positive per affrontare il problema della scarsa rappresentanza delle donne nella ricerca e nelle carriere scientifiche, e propone una serie di giornate – studio in cui si dà voce e visibilità alle tante figure femminili che operano proficuamente nel campo della ricerca scientifica.
“A guardare le analisi sulla presenza femminile nei corsi di lauree scientifiche – afferma la ricercatrice Giuseppina Castronuovo, ed esponente di Donne e Scienza – si scopre che le studentesse sono in molti casi ben più del 50% e si laureano, mediamente, con voti più alti rispetto ai colleghi maschi. La presenza delle donne è considerevolmente aumentata nelle discipline scientifiche; in alcuni casi, si è verificato il “sorpasso”, nel senso che vi sono più donne che uomini ad inserirsi inizialmente nel mondo della ricerca. Ma nonostante questi dati esiste comunque una preoccupante assenza, negli organismi decisionali. La spiegazione che più comunemente viene data per i minori successi delle donne nelle carriere scientifiche si basa sul “ritardo” – continua Giuseppina Castronuovo – con cui le donne si sono avvicinate alle professioni scientifiche”.
Ma qual è la vera causa di questo ritardo? “Sicuramente di una mentalità troppo sessista che giudica la donna poco adatta alle materie scientifiche perché non lasciano spazio alla famiglia; scoraggiate anche dal fatto che non trovano modelli a cui fare riferimento che possano rendere l’ingresso nel mondo scientifico piacevole e stimolante, e non l’inizio di un viaggio in un territorio nemico”.
Cosa devono fare le istituzioni scientifiche affinché le cose comincino a cambiare? “Bisogna centrare l’obiettivo più importante: aiutare le giovani donne a combattere contro la tradizione culturale che si basa sul pregiudizio che sono meno portate degli uomini per le scienze e per la tecnica – prosegue la Castronuovo. Soprattutto bisogna aiutarle ad opporsi all’atteggiamento di famiglie e scuole che spesso non sostengono adeguatamente, anzi scoraggiano, l’iscrizione delle ragazze ai corsi di laurea scientifici. Certamente, le donne devono essere coscienti delle difficoltà da affrontare per conciliare vita pubblica e privata, e, inoltre – conclude Giuseppina Castronuovo – bisogna imparare a lottare per conquistare gli spazi che vengono sistematicamente negati e chiedere a gran voce che si metta in atto una diversa organizzazione attraverso l’abbattimento della sperequazione che ora penalizza le donne”.

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