2010, in 17 atenei stop assunzioni

17.pngQuali effetti concreti avranno i tagli del governo sull’università? Secondo le proiezioni fatte dal sindacato di categoria Flc-Cgil, dal 2010 in ben diciassette atenei nostrani scatterà il blocco delle assunzioni e del reclutamento. In questa nutrita lista sono state inserite l’università di Firenze, Roma Tor Vergata, L’Orientale di Napoli ma anche quelle di Pisa e Siena. Mentre altre due realtà accademiche – Genova e Camerino – si avvicinano pericolosamente e inesorabilmente alla stessa sorte.
È quanto emerge dallo studio della Flc-Cgil sugli effetti che i tagli previsti dalla legge 133 avranno sulle università italiane. In particolare si prende in esame l’andamento del rapporto tra retribuzioni e Fondo per il finanziamento ordinario (Ffo) fino al 2013.
«Alcune variabili non possono essere oggi precisamente calcolate, ma nondimeno – sostengono alla Cgil – si evidenzia il trend a cui le università italiane andranno incontro se non si interverrà tempestivamente per ripristinare le risorse tagliate. In ogni caso eventuali scostamenti possono essere solo in peggio».
Le tabelle sono state presentate e consegnate ieri, durante un’audizione informale di sindacati e associazioni della docenza, anche alla Commissione Istruzione del Senato. Secondo la legge 133, le università con una spesa per il personale troppo elevata – più del 90% dello stanziamento statale (Ffo appunto) – non potranno bandire concorsi per docenti, ricercatori o personale amministrativo e dunque non potranno fare nuove assunzioni. La norma è stata pensata per porre un freno alle gestioni finanziarie non adeguate, soprattutto nel rapporto entrate-uscite.
Gli atenei che nel 2010 superano il 90% nel rapporto tra spese di personale e Ffo sono oltre a quelli già citati (Firenze 92,3, Tor Vergata 91,7, l’Orientale 91,9, Pisa 90,8, Siena 99,7%), Perugia (90,4%), Pavia (92,4), Trieste (95,1), Modena (91,6), Udine (93,3), Insubria (91,3), Tuscia (92,8), Basilicata (93,9), Cassino (99,3), Molise (97,3), Mediterranea (95,9).
E sono destinati a raddoppiare l’anno successivo, quando gli effetti dei tagli si faranno sentire in pieno: nel 2011, infatti, il loro numero sale a 36 (mentre altre due università, Bari e Ferrara, se la cavano per il rotto della cuffia). Non solo. In alcuni casi le risorse a disposizione non consentiranno neppure di coprire tutte le spese per il personale: a Siena si arriva, infatti, a una percentuale del 105,9%, all’Insubria del 100,6%, all’università della Basilicata del 103,4%, in quella di Cassino del 108,7%, 101,1% a Foggia, 105,2% alla Mediterranea e nell’università del Molise si raggiunge addirittura il 109,6%.
Nel 2012 il numero degli atenei che superano il 100% raggiunge quota 10 e la situazione resta così anche nel 2013. «Il sistema universitario, in assenza di correttivi sostanziali – conclude la Flc-Cgil – nel giro di pochissimo tempo, si troverà nell’impossibilità di rinnovare il proprio personale che cesserà dal servizio, bruciando un’intera generazione di studiosi e condannando il paese a una marginalità sullo scenario internazionale ed europeo».

Manuel Massimo

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  1. “bruciando un’intera generazione di studiosi e condannando il paese a una marginalità sullo scenario internazionale ed europeo».”
    Faccio presente ai sindacalisti che in questa situazione ci siamo già. e se ci siamo non è certo colpa della Gelmini. Tagliare fondi a chi non li ha saputi gestire negli ultimi 40 anni, darne di piu a chi crea eccellenza e non rimpiazzare l’eccesso di baroni che abbiamo (con lo stipendio di un prof si mantengono 3 ricercatori) mi sembrano gli unici sistemi per uscirne. Cambiare solo le regole dei concorsi non cambierebbe nulla.
    Secondo me un università che non ha fondi per la ricerca, mero stipendificio per di piu chiuso, in cui si entra solo per parentele o raccomandazioni, non merita neanche un cent.

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