Ordini professionali ri-formati

Il riformismo leggermente rapsodico del sistema universitario ha comportato l’affastellamento di ordini didattici e piani di studio.

Il riformismo leggermente rapsodico del sistema universitario italiano ha comportato l’affastellamento di ordini didattici e piani di studio, rendendo particolarmente “articolato” il percorso formativo dei nostri universitari, intrappolati tra classi scientifico-disciplinari e crediti.
L’inanellamento di riforme del sistema educativo ha conseguenze dirette sia sulla pianificazione didattica che sugli stessi ordini professionali In questa “sede “, diamo uno sguardo alla situazione degli ingegneri.
Il DPR 328/01 ha modificato gli ordini professionali, introducendo la ripartizione settoriale delle competenze, in base separazione tra laurea triennale e laurea specialistica, restringendo così l’abilitazione, sia di ingegneri che di architetti a gruppi omogenei di attività.
L’albo degli ingegneri è stato diviso in tre settori: ingegneria civile, ingegneria industriale e ingegneria dell’informazione; quello degli architetti, quattro settori: architettura, pianificazione territoriale, paesaggistica e infine conservazione dei beni architettonici e ambientali.
I laureati “triennali” in ingegneria o architettura non potranno più firmare un progetto di capannone industriale e di abitazione al contempo, o firmare il progetto di una antenna di ripetitori. L’abilitazione professionale comprenderà un solo ambito. Dunque due studenti, laureati entrambi in ingegneria, ma in anni diversi, potranno accedere entrambi ai pubblici concorsi, ma uno potrà fare l’ingegnere in toto, mentre l’altro solo per un terzo. Allo stesso modo uno è architetto e, l’altro, lo è solo per un quarto.
Che effetti ha tutto ciò?
Gli effetti, in particolare, nella pubblica amministrazione saranno di natura diversa. Si prenda ad esempio l’ufficio tecnico di un ente locale come un comune. Sino ad ora l’architetto o l’ingegnere che ne era a capo si esprimeva legittimamente sulle pratiche presentate, decretandone l’accoglimento o il rigetto.
Tuttavia cosa succederà, quando l’ufficio dovrà esprimersi su un progetto che non rientra nelle competenze dell’ingegnere abilitato? Pertanto un laureato della specialistica assunto dalla Pubblica Amministrazione avrà un’abilitazione solo per un settore specifico. Tale eccessiva suddivisione del lavoro si ripercuoterà inevitabilmente sulla gestione del lavoro nel suo complesso, limitando l’operatività dell’ingegnere a capo di un ufficio tecnico.
Sarebbe opportuno riflettere se è lecito considerarsi ingegnere per un terzo o architetto per un quarto. Se uno è ingegnere o è architetto lo è negli studi, nella metodologia di lavoro, nelle competenze acquisite, nella professionalità quotidiana e nella capacità di base di affrontare le problematiche tecniche e nella padronanza della normativa.
Amanda Coccetti e Gianni Cossu

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