Sud: sedotto e abbandonato

Una tratta di cervelli. Mentre l’Italia che conta spende e spande parole barcamenandosi in mezzo al guado elettorale della questione settentrionale avviluppata a quella meridionale, la triste linea gotica che continua a dividere il nostro Paese in due futuri diversi viene sempre più attraversata da giovani diplomati e laureati che, da Sud a Nord, si portano via le speranze delle loro terre sottraendogli gioventù, preparazione e rispetto.

Una tratta di cervelli. Mentre l’Italia che conta spende e spande parole barcamenandosi in mezzo al guado elettorale della questione settentrionale avviluppata a quella meridionale, la triste linea gotica che continua a dividere il nostro Paese in due futuri diversi viene sempre più attraversata da giovani diplomati e laureati che, da Sud a Nord, si portano via le speranze delle loro terre sottraendogli gioventù, preparazione e rispetto.
Un esodo di prospettive raccontato da uno studio confezionato da due economisti della Banca d’Italia, Sauro Moccetti e Carmine Porello. Numeri: dal 2000 al 2005 80mila laureati hanno abbandonato il Mezzogiorno in cerca di una opportunità lavorativa. Ancora: sempre nel 2005 si sono registrati in Italia 1 milione e 300mila cambi di residenza, il valore più elevato negli ultimi 15 anni.
Mentre le iscrizioni anagrafiche del centro-nord sono aumentate, al sud sono però in costante diminuzione. Ergo: la popolazione si sta spostando. Con una rapidità fluttuante, ma comunque duratura. Che fa del nostro Meridione “un caso unico in Europa”, come segnala lo Svimez (associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno) nel suo ultimo rapporto dedicato all’argomento. Rapporto nel quale si tratteggia anche una figura-tipo, una sorta di archetipo sociale di questo Sud sempre più Paese abbandonato nel Paese che l’abbandona: quella del “pendolare di lungo raggio”, persona formalmente iscritta all’anagrafe nella sua città meridionale ma che lavora nel centro-nord o all’estero, e che torna a “casa” solo nel week-end, o per le feste comandate.
Nel 2008 erano un esercito di 173mila persone, quasi 23mila in più rispetto al 2007. Ebbene, di questi “cittadini a termine” l’80% ha meno di 45 anni. Il 50% svolge professioni performanti, di status sociale elevato. Il 24% è laureato. Maschi. Singles. Dipendenti full time in una fase transitoria della loro vita. Eccoli, i pendolari di lungo raggio. Seduti accanto a loro sui FrecciaRossa e gli Intercity che dopo ogni visita li riportano alla loro vita nel nord viaggiano anche tanti giovani con in mano un biglietto di sola andata. Molti di loro, novelli emigranti del terzo millennio, hanno studiato. E sono sempre di più. Nel 2004 partiva dal Sud il 25% dei laureati con il massimo dei voti.
Passano tre anni, e nel 2007 quella percentuale balza al 38% (sempre, dati Svimez). Conclusione ovvia: andarsene dal Mezzogiorno significa conseguire mobilità sociale. I laureati meridionali che si spostano dopo la laurea vanno infatti incontro a contratti meno stabili, ma con stipendi sensibilmente più alti. Il 50% dei giovani rimasti al Sud non arriva a 1000 euro al mese. Il 63% di chi invece se ne è andato guadagna tra i 1000 e i 1500 euro. Il 16% riscuote addirittura più di 1500 euro. Almeno loro, però, per lo meno per studiare sono rimasti sotto Roma. Perché tanti se ne vanno ancor prima, imberbi neo-diplomati in cerca di futuro prossimo in un’aula universitaria. È notizia di quest’anno: in calo le immatricolazioni negli atenei italiani, ma solo al Sud (ed anche al Centro).
Nelle regioni settentrionali, infatti, le matricoline sono in continuo, netto aumento. Quindi, l’Italia continua a spaccarsi in due. Lo fa giorno dopo giorno. Il nostro Meridione non ha bisogno di parole. Di programmi elettorali. Non ha più tempo: ha bisogno di speranza. Soprattutto adesso che neppure i suoi giovani, cioè la società coniugata al futuro, sembrano in grado di potergliene apportare.

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