Storia tra dèmos e cràtos

“L’esperimento di democrazia della repubblica partigiana dell’Ossola” presentato ieri presso l’Università degli Sudi di Napoli L’Orientale

Se cercate in un qualunque dizionario il significato di democrazia, otterrete senz’altro il senso etimologico della parola e cioè che deriva dal greco démos: popolo e cràtos: potere. Il potere del popolo. La democrazia però è un concetto molto più ampio e soprattutto sempre diverso se rapportato a determinati momenti storici.
L’esperimento di democrazia della repubblica partigiana dell’Ossola” è il convegno di studi presentato ieri all’Università degli Studi di Napoli L’Orientale che ha proprio spiegato il brevissimo “tentativo democratico” della piccola repubblica partigiana della Val d’Ossola nel 1944.
L’apertura dei lavori introdotta dal Preside della Facoltà di Scienze Politiche Amedeo Di Maio (nella foto con Andrea Geremicca) è stata dedicata alle testimonianze di chi ha vissuto sulla propria pelle quei giorni regalando alla platea – purtroppo scarna – spaccati commoventi di un passato difficile. “La cosa che ricordo più atrocemente è la degenerazione mentale cui si era arrivati” ha affermato Andrea Geremicca allora undicenne. “Camminavo per strada quando improvvisamente vidi un gruppo di fascisti armati e tra loro un bambino che aveva di certo la mia stessa età. Gli chiesi cosa stesse facendo con quel moschetto sulla spalla e lui, con una freddezza inquietante per un bambino di dieci anni, mi rispose che era li per trovare ed uccidere suo fratello perché era un partigiano” ha continuato a raccontare Geremicca. Ciò che più colpisce oggi è sicuramente la crudeltà gratuita cui si doveva assistere e infatti nella testimonianza ancora racconta “conoscevamo un partigiano che per gioco chiamavamo Pantalone. Ogni volta che andava a comprare le sigarette comprava delle caramelle per me e i miei amici. Gli volevamo bene. Un giorno lo trovammo appeso al gancio di una macelleria, l’avevano ucciso”. E proprio della paura della violenza che parla anche un altro testimone, Almerico Realfonzo, giovane diciassettenne in quegli anni che non riuscì a partire con il padre partigiano.
Durante gli interventi dei relatori molte sono state le vite attraversate come quelle di Alfredo Di Dio attraverso la “Divisione Valtoce” e quella di Aristide Marchetti. “Ricordare ciò che queste persone hanno provato sulla propria pelle non deve essere un dovere per noi ma un diritto” ha dichiarato Guido D’Agostino docente presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II e Presidente dell’Istituto Campano per la Storia della Resistenza.

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