La diversità è valore

Da quale punto partire per definire il concetto di diversità. Divergere da chi? Il Diversity Management, letteralmente “gestione della diversità” intende valorizzare la differenza. Teoria che nasce negli anni ’80 negli USA, paese “geneticamente” multietnico e pertanto “generatore” di diversità, in questi ultimi anni si sta diffondendo anche nel nostro tessuto socio- imprenditoriale. Ne parliamo con il professor Antonio Cocozza (Scienze della Formazione, Roma Tre).

Da quale punto partire per definire il concetto di diversità. Divergere da chi?  Il Diversity Management, letteralmente “gestione della diversità” intende valorizzare la differenza. Teoria che nasce negli anni ’80 negli USA, paese “geneticamente” multietnico e pertanto “generatore” di diversità, in questi ultimi anni si sta diffondendo anche nel nostro tessuto socio- imprenditoriale. Ne parliamo con il professor Antonio Cocozza (Scienze della Formazione, Roma Tre).
Che cosa si intende per Diversity Management
Il principio base del DM è, come ci illustra Antonio Cocozza, il seguente:”In una dimensione di omogeneità e uniformità solo un contesto di eterogeneità può essere foriero di innovazione. Innovazione=valore aggiunto in un’ottica di produttività e di progresso civile ed economico”.
Il professore, nel trattare un tema così delicato e ancora nuovo per il panorama socio-lavorativo italiano, ci ricorda i pilastri del Trattato di Lisbona in merito alle politiche del lavoro: Adattatività; Occupabilità (chance sul mercato del lavoro, politiche educative, formative, lifelong learning); Parti Opportunità (soggetti deboli: giovani, donne, extracomunitari, diversamente abili). Inoltre, lavoratori espulsi dal mercato del lavoro in età adulta con un basso tasso di scolarizzazione, legato alla bassa dinamicità del lavoro, a evidenziare quanto il fattore europeo sia elemento integrante delle culture dei suoi membri.
E’ necessario fomentare le politiche attive per l’occupazione e non passive mediante sostegni al reddito. Dal Rapporto Istat 2009 risulta che il tasso di disoccupazione in Italia è del 25% (da considerare la diversa distribuzione della percentuale tra nord-centro e sud dove si arriva al 35/40% di dissociazione) ed anche un dato sorprendente (di cui si parla in questi ultimi anni), due milioni di “generazione ne”: né lavoro, né studio.
Il Diversity Management rappresenta una delle sfide per fare progredire e sviluppare il mercato del lavoro e pertanto la società presente e futura. Riprendiamo alcuni punti discussi con il prof. Cocozza che durante l’intervista ha più volte sottolineato come una delle vie principali (e fondanti) per la salvezza (in senso lato) del mondo imprenditoriale, sia la responsabilità sociale.
Incentivare lo sviluppo endogeno, una delle vie per il DM
Lo sviluppo endogeno si basa sulle leve del capitale umano e sociale di una collettività. E’ necessario accrescere la formazione e la cultura territoriale per iniziare a sradicare atteggiamenti e abitudini secolari. Ed è proprio in linea con questa “politica” che entra in gioco la valorizzazione delle differenze, intesa come quel processo d’innovazione che si verifica quando una persona si differenzia dall’altra e il suo “carico di diversità” non può che giovare all’azienda.
Nello specifico, il diversity management si fonda su una concezione olistica delle risorse umane in forza della quale la persona trova adeguata valorizzazione mediante una serie di dimensioni; comportamentale, dove l’enfasi è posta sulla costruzione di specifiche abilità e sulla costruzione di politiche che riescano a tirar fuori il meglio da ogni lavoratore; strategica, in cui i risultati di politiche di diversity management, contribuiscono al raggiungimento dei fini e degli obiettivi organizzativi e sono legati a ricompense; sinergica, nella misura in cui il modello si fonda sull’assunto che gruppi diversi consentiranno nuovi modi di lavorare insieme in modo efficace.
Diritto e DM
La via legislativa rappresenta un efficace strumento di attuazione delle politiche di DM. Il riconoscimento di una percentuale fissa delle  categorie considerate “diverse”, per esempio, negli ambiti dirigenziali di un’azienda, può contribuire a diffondere una cultura di valorizzazione delle differenze. La legge dunque contribuisce a indirizzare il cambiamento culturale.
Il nostro sistema legislativo supporta le categorie disabili, assicurando una quota d’inserimento lavorativo nei posti pubblici, sebbene non ci sia una cultura aziendale che ne faciliti l’ingresso a livello dirigenziale. In merito all’orientamento sessuale non esiste materiale al riguardo.
Multinazionali “gay friendly” quali IBM, Microsoft, Ernest&Young e Google attuano politiche aziendali antidiscriminatorie e di valorizzazione della diversità. Non siamo tutti uguali (grazie a Dio!), ma siamo tutti portatori di valori e destinatari di diritti e di doveri. Si tratta di una questione etico-civica che dovrebbe sussistere in ogni impresa.

Piccola e media impresa
Il nostro sistema produttivo si basa principalmente sulle piccole e medie imprese, costruite su rapporti sociali e familiari. Pertanto la nostra realtà produttiva si fonda su un tessuto di relazioni sociali. L’orientamento decisionale non è sempre diretto verso una logica utilitaristica, ma anche sociale e affettivo. Un microsistema di relazioni, basato su comunità e obiettivi condivisi.  L’azienda dunque, condotta con la logica della famiglia allargata, deve “sforzarsi” a inglobare nella propria mission il potenziamento della cultura della diversità, come fattore critico di successo aziendale.

Politiche di formazione DM
Il mondo aziendale si muove tra due paradigmi: omogeneizzazione e diversità. E’ necessario attivare politiche di comunicazione che creino un dialogo continuo (ascolto attivo reciproco tra colleghi e tra dipendente e datore di lavoro) valorizzino le diversità e rendano più coese le affinità. Nelle organizzazioni, come in ogni organismo, ogni parte deve “funzionare” in modo sano e collaborativo, altrimenti l’azienda” si ammala”…
Pre-concetti, sindrome del controllo, tendenza a svalutare il prossimo se non “validato” dalla classe sociale o professionale approfondiscono il divario tra impiegati i e dirigenti. Tuttavia l’incomprensione e la mortificazione scorrono anche orizzontalmente e spesso la diversità non è valorizzata proprio dagli “inter pares” e da loro inabissata. Un clima collaborativo, fiducioso e concorde, aumenta il livello di produttività e di identità aziendale.
Case history

In Carire-Cassa di Risparmio di Reggio Emilia, è stato elaborato un Progetto che costituiva parte di un piano più ampio volto alla valorizzazione del personale femminile. L’intento del progetto è stato quello di costruire un “sistema manageriale di gestione innovativa della maternità”, che consentisse di guardare all’evento “maternità” secondo una prospettiva processuale, prestando attenzione, in termini di gestione organizzativa, al “prima”, “durante” e “dopo”. La dimensione comunicativa si è rivelata un elemento cruciale all’interno del processo, poiché è attraverso relazioni face to face che l’azienda ha voluto dare continuità all’investimento sulla risorsa (donna in maternità), mantenendo elevati i livelli di motivazione e pianificando modalità di rientro accoglienti e non penalizzanti.
In Unicredit (UPA Unicredit Produzioni Accentrate Spa), sono state realizzate diverse azioni progettuali, in un’ottica di carattere generale, rivolte trasversalmente a tutta la popolazione aziendale: indagine annuale finalizzata a testare il “clima” aziendale; interventi mirati nel campo delle politiche sociali (donazioni sangue, adozione di bambini a distanza); costruzione di un asilo nido aziendale; istituzione di un “Comitato di ascolto”, che offre a tutti i dipendenti l’occasione di potersi relazionare con i vertici aziendali. Per quanto attiene, invece, alle politiche in favore dei lavoratori over 45, sono state implementate tutta una serie di attività a sostegno di un livello maggiore di adattabilità e di capacità relazionale e di socializzazione, attraverso l’attivazione di corsi di lingua inglese, l’organizzazione di eventi ludici (party aziendali) rivolti a coloro che hanno compiuto il 25° o 35° anno di servizio, l’avvio di un’iniziativa di volontariato in collaborazione con la Fondazione UNIDEA, nell’ottica di prospettare al lavoratore nuovi stimoli da coltivare anche al termine dell’esperienza lavorativa in azienda.
(gli esempi sono tratti dal paper Diversity management e valorizzazione delle risorse umane di Antonio Cocozza)
Per saperne di più:Il diversity management. La gestione delle differenze negli ambienti di lavoro, curato da Cocozza e Cimaglia (2010).
Amanda Coccetti e Annalisa Amato

Total
0
Shares
Lascia un commento
Previous Article

Via alla "settimana"

Next Article

Tirocini al Parlamento Europeo

Related Posts