Tor Vergata, Ingegneria contro il ddl

Nonostante la tarda ora nessuno ha rinunciato ad esserci. Parenti, amici e compagni di studio hanno atteso pazientemente che la commissione di laurea trasformasse i sette laureandi in neo-ingegneri elettronici.

Nonostante la tarda ora nessuno ha rinunciato ad esserci. Parenti, amici e compagni di studio hanno atteso pazientemente che la commissione di laurea trasformasse i sette laureandi in neodottori in ingegneria elettronica.  E tra proclami e votazioni eccellenti, la speciale sessione di laurea notturna della Facoltà di Ingegneria di Tor Vergata è stata una nuova e singolare forma di protesta. Una mobilitazione per ricordare un po’ a tutti che anche il secondo ateneo capitolino sta lottando per il futuro dell’università e non crede nel nuovo ddl Gelmini.
Chiamate all’appello a fare le ore piccole tutte le categorie toccate dal decreto: laureandi,  docenti e“futuri” ricercatori. Questi ultimi con qualche dubbio in più sulla loro carriera accademica. E a ricordarlo alla fine della serata è stato anche il presidente della seduta di laurea. “ Siamo qui, a quest’ora,  – ha sottolineato Ernesto Limiti – per dare il nostro messaggio di dissenso nei confronti di un decreto che elimina totalmente la figura del ricercatore a tempo indeterminato e lo trasforma in una figura temporanea e precaria. La riforma sotto esame smantella un settore strategico, come quello della ricerca scientifica e porta i giovani a non considerare il proprio futuro nella ricerca e nell’università”. La prospettiva di rimanere precario nove anni all’università infatti non convince nessuno. Meglio optare per un posto più sicuro in azienda, dove gli ingegneri di Tor Vergata sono tra i più ricercati”.
Solo un piccolo riferimento invece al ruolo dei docenti, toccati anche loro dal ddl. “Siamo considerati e chiamati baroni – ha ricordato Limiti – ma la nostra età media non dà ragione a queste affermazione”. In commissione infatti i professori di ingegneria sono tra i più giovani e molti non superano neanche i cinquant’anni.
E tra il pubblico che annuiva con le teste e ascoltava attentamente il discorso conclusivo del presidente c’erano anche i neolaureati, i primi ad essere toccati da questa forma di protesta. Perché nonostante qualche rimpianto per una nonna non venuta per colpa dell’orario e qualche riferimento a ristoranti prenotati e poi disdetti i “neoingegneri” sono convinti che il loro futuro nell’università sia minato da questa riforma. “Vedo solo i lati positivi di questa sessione notturna – ha sottolineato il primo studente uscito dopo la discussione – è sera fa più fresco e il vestito si indossa meglio”. Ma scherzi a parte i ragazzi sono stati i primi ad accettare la scelta di discutere la laurea notturna.
Perplessità invece per il reale impatto esterno della mobilitazione. “Ho seri dubbi su quanto questa forma di protesta possa servire ed essere ascoltata, ci ha raccontato l’ultimo neodottore in procinto di entrare dentro l’aula per discutere la sua tesi. E’ una forma di protesta inefficace che non tocca minimamente chi di dovere. Sono il primo a voler fare il dottorato e a voler diventare professore universitario ma l’idea di un tre più tre senza fondi previsti mi avvilisce non poco. Meglio provare altrove”. E anche la votazione finale alla fine gli ha dato ragione. Un 110 su 110 è lode è un ottimo biglietto per presentarsi in azienda.
Anna Di Russo

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