Università, sei ancora nostra?

Riprendono gli incontri per discutere sullo stato di agitazione nelle università.

Una settimana di “fermo protesta” quella appena trascorsa. Esami svolti regolarmente, possibilità di mettersi in pari con il libretto. Ma non è finita qui. Lunedì 19 infatti, l’appuntamento è alle ore 10.00 a Monte Sant’Angelo dove docenti, ricercatori e studenti di tutte le facoltà della Federico II di Napoli discuteranno lo stato di agitazione.
Ma la Federico II non è certo l’unico ateneo in movimento. La Sapienza di Roma, una tra le più prestigiose università italiane, lo scorso 13 luglio, ha “sfornato” un documento sottoscritto da tutti i Presidi delle 21 facoltà dell’ateneo, documento in cui si legge che se non si provvede immediatamente con un cambio di rotta, il Ddl Gelmini, i continui tagli alla ricerca e la Manovra Tremonti non consentiranno nemmeno l’inizio dell’anno accademico 2010-2011. Una notizia tanto triste quanto vera che arriva dall’ateneo più grande d’Europa per numero di studenti, e parliamo di studenti che non hanno avuto problemi a sostenere gli esami durante la notte: dalle 21.00 alle 02.00 con l’appoggio dei docenti e del Magnifico Rettore Luigi Frati (che inizialmente si era detto contrario).
L’Italia è un paese con un’infinità di problemi e, a parer di molti (anzi, troppi), è un paese che non sa nemmeno tenersi strette le poche cose buone che ha costruito nei secoli. La ricerca, l’ottima qualità della didattica, l’impegno e l’obbligo di formazione dei giovani sono principi intoccabili. Il nostro Governo ha forse deciso di scagliarci agli ultimi posti di ogni classifica del mondo? Sembrerebbe proprio così! La protesta era iniziata per far giustizia ai dottori sottopagati, ora sta sfociando in qualcosa di molto più grande. Viene quasi da pensare che, come spesso capita nella vita, nulla accada per caso. Questo stato di agitazione dopo aver messo tutti contro tutti ha creato una profonda presa di coscienza: solo insieme si può combattere a difesa del patrimonio universitario.
Ci chiediamo se questa non sia l’ultima generazione dell’università pubblica.

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