Parola al professore di… Scienze Politiche

La Professoressa Simona Beretta, docente presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, presenta la facoltà di Scienze Politiche.

Proseguiamo la nostra avventura alla scoperta di una nuova facoltà: Scienze Politiche. Tanti e diversi gli sbocchi professionali e gli interessi che è possibile coltivare dedicandosi allo studio di queste discipline. Per cercare di fare chiarezza e conoscere più da vicino questa realtà abbiamo intervistato la Professoressa Simona Beretta, docente presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
Domanda di rito: perché iscriversi alla Facoltà di Scienze Politiche?
Solo perché si è convinti. Intendo dire: non perché si sono scartate le altre facoltà… e Scienze Politiche è rimasta. Ci si iscrive a Scienze politiche perché si vorrebbe cogliere in maniera allo stesso tempo unitaria ed articolata cosa muove dal di dentro la vita sociale, economica e politica di un popolo, o – come sta sempre più frequentemente accadendo – di una pluralità di tradizioni e di culture che si trovano a convivere in una città, in una  regione o in un paese.
Quali caratteristiche deve avere lo “studente ideale”? Il suo profilo attitudinale?
Lo studente ideale è curioso e non ha paura di fare fatica. Non mi riferisco certo alla fatica di passare gli esami… suvvia! Parlo della fatica “sana” di misurarsi fino in fondo con una molteplicità di discipline diverse, tendendo a farle dialogare e interagire. Lo studente ideale cerca di entrare in rapporto, in maniera non superficiale e opportunistica, con i suoi compagni e i suoi docenti: impara a imparare dalla ricchezza delle diversità. Legge tanto, la stampa nazionale non sempre di grande qualità e quella internazionale; così, giorno per giorno, impara anche la storia e la geografia. Se la cava con le lingue straniere, ma soprattutto conosce bene la sua lingua madre ed è accurato nel linguaggio scritto e orale.
Quale corso di laurea triennale consiglierebbe a un neodiplomato che non intende proseguire il percorso di studi con la specialistica? O considera necessario il percorso 3-2 in questo campo?
Questa domanda non ha una risposta standard, molto dipende dalle situazioni locali. In generale, però, credo si possa dire che il “grosso” della formazione pluridisciplinare avviene necessariamente nel triennio. Un triennio fatto bene forma a una pluralità di possibili esperienze professionali: non è professionalizzante, ma dà gli strumenti per iniziare a imparare una professione “sul campo”. Per alcuni laureati triennali, potrebbe addirittura essere sensato fare un’esperienza di lavoro prima di scegliere il corso di laurea magistrale… Alla fine, però, credo che sia normale pensare a un percorso formativo che non si conclude con la laurea triennale; sarei però molto aperta su cosa viene “dopo”: potrebbe essere una laurea magistrale in continuità col percorso triennale, ma potrebbe anche essere un “a-fondo” formativo di carattere tematico (sulle migrazioni, sullo sviluppo locale…) oppure disciplinare, in Italia o anche all’estero.
Quali sono a suo avviso i maggiori sbocchi professionali per i laureati in Scienze Politiche?
Gli sbocchi sono numerosissimi e molto diversificati fra loro. Diverse sedi hanno diverse tradizioni: in alcune prevale la formazione politico-amministrativa e lo sbocco prevalente è nella pubblica amministrazione; in altre sedi, prevale l’orientamento europeo o internazionale, e gli sbocchi cambiano di conseguenza. I laureati finiscono a lavorare nelle imprese, nelle pubbliche amministrazioni, nelle organizzazioni non profit, in Italia e sempre più spesso all’estero; non mancano gli imprenditori e gli innovatori, fra i laureati in Scienze politiche. Il che non stupisce: sono formati in modo pluridisciplinare a cogliere realtà complesse e mutevoli, quindi sanno di doversi “inventare” un mestiere!
Annalisa Amato

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