Il diritto al lavoro

Ricercatori precari che reclamano il diritto a essere lavoratori. Testimonianza diretta, Valentina Barrera, 28 anni, ricercatrice (biologa, Università di Torino).

Ricercatori precari che reclamano il diritto a essere lavoratori. Testimonianza diretta, Valentina Barrera, 28 anni, ricercatrice (biologa, Facoltà di Medicina, Università di Torino) è in partenza per l’Uganda per dedicarsi allo studio e alla contrazione della malaria. L’abbiamo conosciuta durante la manifestazione del 17 ottobre 2010. Attualmente il ddl Gelmini è congelato,  ma la condizione delle università italiane rimane in discussione e bisognosa di una coerenza di programmazione didattica, di governance e di reclutamento dei docenti.
La dott.ssa Barrera ci ricorda come l’Università di Torino rappresenti un movimento di studenti  e ricercatori coeso, fin dall’Onda 2008- Mostra solidarietà e ammirazione per i giovani della “seconda” onda, per la loro tensione verso la difesa del diritto allo studio, l’opposizione all’eccessiva ingerenza dei privati nell’amministrazione d’ateneo e al taglio di corsi di laurea tout court, senza considerare la specificità e la valenza culturale degli stessi.
Studenti e ricercatori sia strutturati che precari (nella loro diversa declinazione: assegni di ricerca, contratti a progetto, borse di studio,votati alla precarietà contributiva e professionale), dunque concordi e compartecipi per la ricerca della stabilizzazione del lavoro e la qualità dell’insegnamento.
Una precarietà professionale che si risolve inoltre in un abbassamento dei costi del lavoro (tasse minime rispetto a una contrattualizzazione stabile) sia per la ricerca di base che applicata. Le imprese che non hanno sviluppato un proprio centro di ricerca- ci evidenzia la giovane e risoluta ricercatrice- hanno a disposizione “la meglio gioventù” tramite sovvenzioni con gli atenei, contribuendo così al precariato dei cervelli.
Il budget universitario è gestito in autonomia dai Dipartimenti universitari, i cui direttori svolgono il ruolo di “piccoli amministratori delegati”di un’università che si fa azienda. Inoltre, Valentina sottolinea come il precariato contrattuale non fornisca assicurazioni sociali e neghi il diritto a pagare le tasse. E già, perché troppo spesso ci dimentichiamo che pagare le tasse è un diritto del cittadino.
La riformulazione dell’istruzione superiore non è legata a un provvedimento legislativo, ma a un ri-disegno della nostra università e della  nostra società, mediante programmazione didattica, gestione amministrativa e investimenti mirati. Può un docente-ricercatore ri-trovarsi precario a 55 anni? Attualmente i destinatari degli assegni di ricerca non possono superare i 35 anni, se da una parte, può servire a regolare il sistema, dall’altro discrimina una buona fetta di studiosi che data l’instabilità professionale nel campo della ricerca si trova facilmente, oltre il limite d’età stabilito.
A titolo esemplificativo dell’alterazione professionale che si opera attraverso il precariato,Valentina ci racconta la situazione degli ospedali convenzionati con le facoltà di Medicina, dove il precario fa ricerca di base e applicata. “Di fatto, in qualità di precario, svolgi compiti che dovrebbe fare il personale ospedaliero, quali la diagnosi di un tumore, nonostante non sia legittimati a farlo. Una sorta di lavoro “invisibile” che erode le fondamenta stessa del mondo del lavoro, senza considerare l’aspetto etico e morale”.
I ricercatori-tirocinanti-medici sotto mentite spoglie hanno provato a realizzare una giornata di astensione dal lavoro (non si può parlare di sciopero) a totale discapito del loro atipico stato contrattuale. Il Coordinamento Precari dell’Università di Torino propone un contratto unico precario, coadiuvato dal sostegno dei sindacati. Proprio da un tavolo di trattative per il sociale si è arrivati a un piccolo passo in avanti: i buoni pasto per i ricercatori del Politecnico di Torino.
L’unione degli atenei in merito, può fare la differenza. Lavorare stanca, se si è costretti a vivere in un limbo di a-status per cui non si è né studenti, né lavoratori. Dietro alla richiesta di strutturazione giuridica e contrattuale dei ricercatori, è forte la necessità di sentirsi parte del mercato del lavoro e la nostra società non può rimanere sorda a tale bisogno dell’intero mondo del precariato, non solo universitario.
“Noi non ci sentiamo lavoratori” (parola di ricercatore) è una condizione che abbraccia la sfera psicologica e sociale dell’individuo, non solo quella strettamente economica.
Amanda Coccetti

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