Spina dorsale della biodiversità a rischio

La valutazione globale più completa dei vertebrati conferma una crisi di estinzione, con un quinto delle specie minacciate. Tuttavia la situazione sarebbe peggiore se non fosse per gli attuali sforzi di conservazione, afferma uno studio presentato alla decima Conferenza della Parti della Convenzione per la Biodiversità, CBD, a Nagoya, Giappone. Lo studio, che sarà pubblicato sulla rivista scientifica Science, ha utilizzato dati su 25 000 specie presenti nella Lista Rossa IUCN delle Specie Minacciate, per valutare lo stati di conservazione globale dei vertebrati (mammiferi, uccelli, anfibi, rettili e pesci) e come questo stato di conservazione sia cambiato nel tempo.

La valutazione globale più completa dei vertebrati conferma una crisi di estinzione, con un quinto delle specie minacciate. Tuttavia la situazione sarebbe peggiore se non fosse per gli attuali sforzi di conservazione, afferma uno studio presentato alla 10a Conferenza della Parti  della Convenzione per la Biodiversità, CBD, a Nagoya, Giappone.
Lo studio, che sarà pubblicato sulla rivista scientifica Science, ha utilizzato dati su 25 000 specie presenti nella Lista Rossa IUCN  delle Specie Minacciate, per valutare lo stati di conservazione globale dei vertebrati (mammiferi, uccelli, anfibi, rettili e pesci) e come questo stato di conservazione sia cambiato nel tempo. I risultati mostrano che, in media, 50 specie di mammiferi, uccelli, e anfibi si avvicina all’estinzione ogni anno, a causa dell’impatto dell’espansione agricola, del taglio delle foreste, del sovrasfruttamento, e delle specie invasive.
“La spina dorsale della biodiversità si sta erodendo”, sostiene l’illustre biologo, attualmente Univerisity professor, il più alto titolo accademico per i professori dell’Università di Harward e tra i creatori della E. O. Wilson Biodiversity Foundation. “Un piccolo peggioramento nella Lista Rossa significa un gigantesco balzo verso l’estinzione. Questo studio è solo una piccola finestra sulla perdita globale di biodiversità in atto”.
Il Sudest asiatico ha subito di recente le perdite più drammatiche, largamente dovute alle piantagioni di essenze da esportazione quali olio di palma e legname, alla conversione agricola in risaie, e alla caccia non sostenibile. Anche parti dell’America Centrale, delle Ande tropicali del Sud America e perfino dell’Australia hanno subito perdite marcate, in particolare a causa dell’impatto della chitridiomicosi, malattian fungina letale per gli anfibi.
Oltre a confermare precendenti testimonianze della continua perdita di biodiversità, questo è il primo studio a presentare chiare evidenze dell’impatto positivo degli sforzi di conservazione sul pianeta. I risultati mostrano che lo stato della biodiversità sarebbe declinato almeno del 20% in più se non fossero stati messi in atto interventi di conservazione.
“La conservazione della biodiversità è una sfida formidabile che richiede una base robusta di informazione scientifica e conoscenze teoriche. La partnership della Lista Rossa, della quale la nostra Università è membro, è una combinazione unica di centri di eccellenza che condividono la responsabilità di progredire nella scienza della valutazione della biodiversità e di aggiornare costantemente le informazioni sul suo status”, affermano Luigi Boitani (Prof. ordinario , Corso di Laurea in Scienze Biologiche) e Carlo Rondinini (ricercatore del Dipartimento di Biologia Animale e dell’Uomo) dell’Università di Roma La Sapienza e tra gli autori dello studio. “Espandere la valutazione ad altre specie e monitorare il loro status nel tempo è una responsabilità che non possiamo posporre ulteriormente”.
Lo studio ha messo in luice che 64 specie di mammiferi, uccelli e anfibi hanno migliorato il loro status grazie ad azioni di conservazione di successo. Queste includono tre specie che erano estinte allo stato selvatico e ora sono state reintrodotte con successo in natura: il condor della California, Gymnogyps californianus, e il furetto dai piedi neri, Mustela nigripes, negli Stati Uniti, e il cavallo di Przewalski, Equus ferus, in Mongolia.
Gli sforzi di conservazione hanno avuto particolare successo nel combattere le specie aliene invasive sulle isole. La popolazione globale del merlo-gazza delle Seychelles, Copsychus sechellarum, è cresciuta da meno di 15 individui nel 1965 a 180 nel 2006 grazie al controllo dei predatori, introdotti dall’uomo quali il ratto grigio, Rattus norvegicus, e ai programmi di riproduzione in cattività e di reintroduzione. Alle Mauritius, sei specie di uccelli hanno uno status migliore che in passato, incluso il gheppio delle Mauritius, Falco punctatus, la cui popolazione è cresciuta da soli 4 individui nel 1974 a quasi 1000.
In Sudamerica, le aree protette e una combinazione della Convenzione sul Commercio Internazionale delle Specie in Pericolo (CITES) e della Convenzione sulla Vigogna hanno favorito il recupero della vivogna Vicugna vicugna. In modo simile, la legislazione adottata per bandire la pesca commerciale delle balene ha portato il rischio di estinzione della megattera, Megaptera novaeangliae, da Vulnerabile a Minima Preoccupazione. Sfortunatamente pochissimi anfibi hanno finora mostrato segni di recupero, ma gli sforzi internazionali stanno crescendo, incluso un programma di reintroduzione nell’ambiente selvatico del rospo di Kihansi, Nectophrynoides asperginis,in Tanzania.
Gli autori precisano che il loro studio rappresenta solo una stima minima del reale impatto della conservazione, sottolineando che circa il 9% delle specie minacciate hanno popolazioni in crescita. I loro risultati mostrano che la conservazione funziona se ci sono le risorse e l’impegno. I risultati mostrano anche che le risposte globali devono anche essere sostanzialmente incrementate, perché l’attuale quantità di azioni di conservazione è soverchiata dalla grandezza della minaccia. Sotto questo aspetto, i politici al meeting della CBD a Nagoya hanno proposto un significativo incremento delle risorse – dai livelli correnti estremamente bassi – per rendere raggiungibili gli obiettivi della Convenzione sulla Biodiversità.
“Questa è una chiara dimostrazione del perché dobbiamo emergere da Nagoya con un piano d’azione strategico per dirigere I nostri sforzi per la biodiversità nelle decadi a venire” dice Julia Marton-Lefèvre, Direttore Generale della IUCN. “È una pressante richiesta d’azione per tutti noi – governi, imprese, cittadini – per mobilitare le risorse e intraprendere le azioni necessarie. La conservazione funziona – ma necessita del nostro supporto e ne ha bisogno in fretta!”
La ricerca mette in luce che la percentuale di specie minacciate tra i vertebrati va dal 13% negli uccelli al 41% negli anfibi. Sebbene lo studio focalizzi sui vertebrati, riporta anche I livelli di minaccia in diversi altri gruppi valutati nella Lista Rossa IUCN, incluso il 14% delle alghe, il 32% dei granchi d’acqua dolce, e il 33% dei coralli delle barriere.
Il livello di minaccia tra le Cycadacee, la famiglia di piante che include le cycas, è estremamente critico, con il 63% minacciate di estinzione. Le Cycadacee, il più antico gruppo di piante a seme esistente ad oggi, sono soggette a livelli estremamente elevati di raccolta e commercio illegale, e rischiano di fare la stessa fine dei dinosauri.
Recentemenre, uno studio sponsorizzato dalle Nazioni Unite chiamato l’Economia degli Ecosistemi e della Biodiversità (TEEB) ha calcolato il costo della perdita di biodiversità in 2000-3000 miliardi di dollari all’anno, specialmente nelle aree più povere del mondo. Uno studio recente ha trovato che un quinto delle oltre 5000 specie di acqua dolce in Africa sono minacciate, mettendo a rischio la sopravvivenza di milioni di persone dipendenti da queste risorse vitali a rischio.
Il fallimento del raggiungimento dell’obiettivo del 2010, concordato a livello internazionale, di ridurre la perdita di biodiversità, non significa che gli sforzi di conservazione siano stati vani, e questo studio lo dimostra. Tuttavia l’erosione della biodiversità ha raggiunto livelli così pericolosi che non possiamo permetterci di fallire di nuovo. Obiettivi ambiziosi sono necessari per il 2020, e per raggiungerli sarà necessaria una azione urgente e concertata su scala molto maggiore di quella attuale. È il momento per I governi del mondo, riuniti a Nagoya, di affrontare efficacemente questa sfida globale.
Lo studio ha coinvolti 174 autori dal 115 istituzioni e 38 paesi. È stato reso possibile dal contributo volontario di più di 3000 scienziati sotto gli auspici della Commissione per la Sopravvivenza delle Specie (SSC) della IUCN, e di una crescente partnership di organizzazioni, incluse BirdLife International, Botanic Gardens Conservation International, Conservation International, NatureServe, Royal Botanic Gardens Kew, Università degli Studi di Roma La Sapienza, Texas A&M University, Wildscreen, e la Zoological Society of London.
Per ulteriori informazioni sulle specie nella Lista Rossa IUCN si può visitare il sito www.iucnredlist.org

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