Come ricordarci i nomi propri

Ricerca universitaria che individua la funzione neurologica che ci permette di ricordare i nomi.

Scoperta presso l’Università Bicocca di Milano: individuata una delle funzioni del fascicolo uncinato, il “ponte” che collega le due aree del cervello che servono per richiamare i nomi propri. La scoperta apre nuovi scenari nel campo della neurochirurgia.
Il cervello è dotato di un circuito complesso che permette ad una persona di elaborare questo tipo di informazioni: dall’area orbito-frontale laterale parte l’input per la ricerca verso il polo temporale che lo recepisce.
Il collegamento di questo “circuito dei nomi” è il fascicolo uncinato, che, fino alla pubblicazione della ricerca, ancora nessuno sospettava che fosse coinvolto in questa funzione.
Lo studio dei ricercatori dell’Università di Milano-Bicocca, coordinati dalla professoressa Costanza Papagno, ha appurato che attraverso il fascicolo uncinato passa l’informazione che fa selezionare il nome proprio che corrisponde a un determinato volto.
Secondo una delle teorie più diffuse, la regione temporale anteriore è la sede intermediaria dove convergono le informazioni concettuali, per esempio quelle biografiche di una persona, che vanno implementate nel nome corrispondente. Dalla corteccia prefrontale, attraverso il fascicolo uncinato, partirebbe il comando per scegliere il nome del volto che corrisponde a quelle informazioni biografiche.
L’articolo, che verrà pubblicato sul numero di dicembre della rivista Brain ( è già possibile leggerlo online sul sito di Brain), è stato realizzato dal dipartimento di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca in collaborazione con il dipartimento di Scienze Neurologiche dell’Università degli Studi di Milano e il dipartimento di Neuroradiologia e CERMAC, dell’ Università Vita-Salute San Raffaele.
La ricerca è stata condotta su 44 pazienti destrimani (26 maschi e 18 femmine) sottoposti a rimozione di un tumore a sinistra, in sede frontale (cioè la parte anteriore dell’emisfero cerebrale) o in sede temporale anteriore (polo temporale). Quando l’intervento chirurgico lo ha richiesto, il fascicolo uncinato è stato rimosso per permettere l’asportazione del tumore. I pazienti sono stati testati prima dell’intervento, nella settimana successiva e a tre mesi dall’operazione (in alcuni casi anche a sei mesi).
Tutti i pazienti, nella settimana successiva all’intervento, sono peggiorati in molte funzioni cognitive, per poi recuperare poco dopo. I pazienti che hanno subito l’asportazione del fascicolo uncinato hanno mostrato incapacità a dare un nome ai volti famosi, pur essendo capaci di  riconoscere quei personaggi indicando il nome corretto tra le alternative proposte. I test di controllo sulle altre attività cerebrali (cognizione spaziale, memoria a lungo termine, aprassia, comprensione di parole e frasi), non ha evidenziato differenze tra i pazienti a cui era stato rimosso il fascicolo uncinato e quelli in cui la natura del tumore permetteva di preservarlo.
«Noi ipotizziamo che quel fascio di fibre sia fondamentale per recuperare il nome di una persona – spiega Costanza Papagno, docente di Psicobiologia e Psicologia Fisiologica presso l’Università di Milano-Bicocca e responsabile della ricerca –. Di conseguenza, qualora fosse possibile, il neurochirurgo dovrebbe intervenire cercando di preservare il fascicolo uncinato: questo migliora notevolmente la qualità della vita, soprattutto per certe professioni in cui ricordare i nomi è fondamentale».
La scoperta delle funzioni del fascicolo uncinato è stata possibile anche grazie a una moderna tecnica chirurgica che adottano i ricercatori dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca e i medici del Policlinico di Milano, in particolare l’equipe di Lorenzo Bello, permettendo al paziente, dopo l’asportazione del tumore, di recuperare molte funzionalità.
Nel corso dell’intervento chirurgico, il paziente viene svegliato in modo da controllare la sua capacità di compiere movimenti, di parlare o di leggere. Il neurochirurgo, supportato da uno staff di neuropsicologi, trova quindi il sentiero per evitare di ledere quei punti del cervello che, se danneggiati, causerebbero la perdita di alcune funzioni.

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