Lettera al Sindaco di Napoli firmata Rete29aprile

IL CORRIERE DELL’UNIVERSITA’ RICEVE E PUBBLICA LA LETTERA DI PAOLO DONADIO, RICERCATORE PRESSO L’UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI FEDERICO II E REFERENTE DELLA RETE 29APRILE.

IL CORRIERE DELL’UNIVERSITA’ RICEVE E PUBBLICA LA LETTERA DI PAOLO DONADIO, RICERCATORE PRESSO L’UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI FEDERICO II E REFERENTE DELLA RETE 29APRILE.

Al sindaco di Napoli Luigi de Magistris
Paolo Donadio – Ricercatore della Federico II, Napoli
www.rete29aprile.it

Caro Sindaco,

la sua elezione, fortemente simbolica, è decisamente importante per la comunità universitaria napoletana. Beninteso: per la comunità degli studenti, dei ricercatori, degli insegnanti che hanno combattuto e combattono, giorno per giorno, lo smantellamento dell’istruzione pubblica promosso da questo governo.

La sua elezione è importante perché è il segnale che da mesi, forse da oltre un anno, i cittadini stanno inviando alla classe politica di questo Paese. Noi tutti, a questo punto, speriamo che la riscossa della cosiddetta società civile parta dai territori, dalle realtà locali, dalle città. Soprattutto dalle grandi città come Napoli, perché è sul territorio che l’energia vitale e la voglia di partecipare e decidere degli studenti, dei ricercatori e dei docenti napoletani ha avuto il suo primo effetto, il suo impatto politico.

La gente che festeggiava in piazza Municipio la sera del 30 maggio 2011 era la stessa che manifestava a novembre e dicembre contro la Legge Gelmini e contro i tagli nella scuola. Una folla di giovani, soprattutto studenti, che festeggiava innanzitutto se stessa, caro sindaco. Che festeggiava la propria capacità di riappropriarsi del proprio destino e di rimpadronirsi della Politica.

Al contrario, la piccola politica del governo nazionale in materia di scuola e università (ma non solo) ha annullato qualsiasi confronto democratico e ha irreversibilmente radicalizzato la sfiducia e il giudizio dei cittadini. Il ‘centro’ ha rivestito i panni del Potere che schiaccia il Sapere, forte dei soli numeri in Parlamento. La forza dei numeri, ma anche della polizia e della mistificazione, sono stati e sono sufficienti per approvare leggi che stanno distruggendo sia il sistema scolastico sia il sistema universitario.

A differenza che nel ’68, oggi la maggioranza di studenti e professori stanno dalla stessa parte: non è più la cultura dei padri a essere contestata, ma l’arroganza degli eletti e dei loro pochi accoliti. L’università ha bisogno di riforme, è vero, ma il governo, attaccando la scuola e l’università senza ascoltare la scuola e l’università, ha deciso di pagare il prezzo della credibilità politica. E con le amministrative prima e con i referendum poi, inevitabilmente, si cominciano a fare i conti.

Il lato più triste è che la politica dei giochini e dei sottobanco, tanto nazionale quanto locale, non si rende conto di quanto sia distante dal Paese che si illude di rappresentare. La politica non sa di essere indietro di oltre trent’anni. La prova sta nel fatto i partiti non sono in grado di autoriformarsi per rappresentare la società che cambia. Ed è proprio per questo che noi ricercatori e studenti ci attendiamo un’attenzione particolare da chi ha donato vita nuova alla fiducia nella politica.

Ci attendiamo che siano valorizzate come bene comune le esperienze scientifiche dei ricercatori napoletani, alcuni dei quali ai vertici internazionali. Ci attendiamo che Napoli possa divenire una vera Città della Scienza, un hub reale e individuabile della comunità scientifica internazionale dove si incontrano e crescono studenti, scienziati, imprese. Ci attendiamo che le competenze della comunità scientifica napoletana diventino patrimonio della città e non solo fonte, come in passato, di prezzolate e mirate consulenze. Ci attendiamo che essere studenti, oggi, non significhi soltanto passare in banca per riscuotere un prestito a tasso agevolato, come vorrebbe il Ministro Gelmini. Ci attendiamo che Napoli divenga un luogo attraente e ideale per la ricerca nazionale e internazionale. Ci attendiamo che la fuga dei cervelli sia diretta verso Napoli e non Berlino o Berkeley.

Ci attendiamo, in una parola, di essere letteralmente convocati dall’amministrazione in un tavolo di confronto aperto tra università e amministrazione, un dialogo permanente tra scienza e politica. Da troppo tempo, nella nostra città, questo dialogo si è interrotto. La scienza, grazie alla politica, può trovare le strutture e le strategie che le consentono di progredire; la politica, dal canto suo, può ricevere dalla scienza soluzioni concrete e innovative ai problemi della città.

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  1. Mi associo pienamente alla lettera inviata al sindaco da Paolo Donadio.

    Io sono un precario ultradecennale della federico II, con una caterva mostruosa di titoli e pubblicazioni scientifiche di rilevante impatto nazionale. Mi sono sforzato in tutti i modi di rimanere aggrappato alle radici culturali e scientifiche della mia città, ma sono arrivato al punto di andare via e scappare. Non c’è posto per l’ingresso di nuovi ricercatori, i concorsi per ricercatori TD in base alla nuova legge Gelmini potranno avviarsi chissà quando e comunque solo dopo l’avvio concreto dei nuovi statuti (ovvero prossima primavera) e forse nemmeno, se non ci sono fondi di finanziamento. E quando si vincesse un concorso per TD dopo chissà quanto tempo, dopo max 6 anni potrei finire in mezzo alla strada, non essendoci i fondi per la chiamata dall’Ateneo come professore associato.
    Insomma, la morte, ditemi voi! E la protesta ormai ridotta al nulla totale.
    Voglio andar via, a queste condizioni vado via! Che il sindaco lo sappia…

  2. Mi associo pienamente alla lettera inviata al sindaco da Paolo Donadio.

    Io sono un precario ultradecennale della federico II, con una caterva mostruosa di titoli e pubblicazioni scientifiche di rilevante impatto nazionale. Mi sono sforzato in tutti i modi di rimanere aggrappato alle radici culturali e scientifiche della mia città, ma sono arrivato al punto di andare via e scappare. Non c’è posto per l’ingresso di nuovi ricercatori, i concorsi per ricercatori TD in base alla nuova legge Gelmini potranno avviarsi chissà quando e comunque solo dopo l’avvio concreto dei nuovi statuti (ovvero prossima primavera) e forse nemmeno, se non ci sono fondi di finanziamento. E quando si vincesse un concorso per TD dopo chissà quanto tempo, dopo max 6 anni potrei finire in mezzo alla strada, non essendoci i fondi per la chiamata dall’Ateneo come professore associato.
    Insomma, la morte, ditemi voi! E la protesta ormai ridotta al nulla totale.
    Voglio andar via, a queste condizioni vado via! Che il sindaco lo sappia…

  3. Da ex-docente alla ‘Federico II’ – in pensione dallo scorso novembre 2010 – riesco ancora a godere e soprattutto a soffrire nel leggere la lettera di Paolo Donadio al neo sindaco (fausta omina tibi, dr. De Magistris) e soprattutto il primo commento di Franco alla lettera.
    Non mollate.., ma resistete: tempora bona venient, o auguriamoci veniant! Il gorgo nero (la cricca al potere) e l’onda parolaia e gaudente di mister B. e il suo seguito – con le ‘ancelle’ (ministri, sottosegretari, etc.) si avviano al tramonto. Sì, certo, la cultura e la ricerca hanno salvato, nel passato, e salveranno, molto presto, la n/s misera Italia, che mai era scesa così in basso. Ho 71 anni e – credetemi – mai avevo visto (ma mai condiviso) di peggio, in politica e nel clima che essa ha creato soprattutto negli animi pusilli, che non sono stati pochi, purtroppo, negli ultimi due decenni. Valete, amicae ac amici, atque shalom. Cum parrhesia, fto mdv

  4. grazie Paolo! la tua è una lettura lucidissima di quanto, purtroppo, è accaduto in questi anni a causa della miope politica della nostra classe dirigente. Spero vivamente che il “risveglio” che tu ausipichi possa partire proprio dalla nostra amata a martoriata città.

  5. Egregio Autore, Egregio Destinatario,

    ciò che che letteralmente mi commuove è lo spirito della lettera: la rappresentazione di un bisogno, anche molto ben argomentato.

    Temo, tuttavia, che al di là di una carezza sulla spalla, empatica rappresentazione della comprensione del bisogno e la sua rappresentazione, non si possa andare.

    Per quella che, sicuramente, limitata ,è la mia conoscenza dei fatti, il Sindaco, nella sua veste giuridica non abbia armi adeguate alle necessità più che ambizioni della Classe di chi Ricerca.

    Non sò, e, pertanto, ambisco ad essere smentito… l’Uomo Politico.

  6. Inviate la stessa lettera anche all’asserore competente della Regione ex rettore dell’Università Federico II pfof. Trombetti per un tavolo di concertazione che però non veda esclusi anche altri enti di ricerac come il CNR.

  7. CARO PAOLO,
    COMPLIMENTI PER LA LETTERA
    VISTO CHE GL’ITALIANI PARE CHE SI STIANO SVEGLIANDO ,BISOGNA SAPER APPRFITTARE DEL MOMENTO PRIMA CHE SI SVEGLINO I PARTITI E ANCORA PEGGIO COLORO CHE HANNO ACQUISTATO IL POTERE E STANNO TRASFORMANDO LE RIFORME INUTILI IN STRUMENTI DELLA GESTIONE DEL PROPRIO POTERE .SOLO COME ESEMPIO BASTERA’ TENER CONTO DEI POTERI ENORMi DEI RETTORI E DEI PROSSIMI GESTORI DEI DIPARTIMENTI E DELLE EVENTUALI SCUOLE
    BISOGNERA’ RAFFORZARE IL MOVIMENTO.
    FRA POCO ANDRO IN PENSIONE ,MA NON INTENDO CONSENTIRE L’ASCESA DEGLI APPROFITTATORI ,TI
    SONO VICINO
    SALUTI
    FRANCESCO BALLETTA(DIRETTORE DI UN VECCHIO DIPARTIMENTO CHE SI DOVRA’ CHIUDERE PER LE CRETINATE DELLA GELMINI)

  8. Salve,
    scrivo in merito alle considerazioni di Alfredo Marinelli.

    Penso alla giunta comunale di Pisapia con una giovane Assessora e le sue deleghe anche a Università e Ricerca.
    Possiamo inviare questa lettera oltre che al Sindaco de Magistris anche al nostro nuovo Assessore Comunale alla Cultura.

    Vogliamo prospettive, o almeno un dialogo e confronto, al di là delle deleghe…..

  9. Devo dire di trovarmi pienamente d’accordo con il ricercatore Paolo. L’elezione del nuovo Sindaco è stata una svolta per questa città soprattutto perchè, come già detto, le persone che hanno votato a favore di de Magistris sono le stesse persone che abbiamo visto in piazza contro i tagli alla ricerca, contro il ddl Gelmini e così via. Credo che il Sindaco debba aprire un dibattito con la classe accademica poichè è dalla ricerca e dall’innovazione che la nostra città può (E DEVE) ripartire.

  10. “A differenza che nel ’68, oggi la maggioranza di studenti e professori stanno dalla stessa parte: non è più la cultura dei padri a essere contestata, ma l’arroganza degli eletti e dei loro pochi accoliti”. Il dottor Donadio, come si dice, ha fatto centro! Il fatto di stare dalla stessa parte costitusce un punto di forza enorme. Rubo le parole del prof. Del Verme: NON MOLLATE MA RESISTETE

  11. A me sembra che questa lettera, al netto della perorazione in forma intensamente retorica che la anima stilisticamente, inviti nella parte meno fumosa e più concreta il nuovo sindaco di Napoli (ritenuto il simbolo di un’insofferenza verso vecchie logiche partitiche e di corporazione, perciò anche consociative e trasversali, di cui molti docenti e ricercatori egualmente soffrono nel settore della gestione delle politiche accademiche e più generalmente culturali) a valorizzare in modo non clientelare le risorse intellettuali locali. In questo senso la condivido. Per il resto, mi sembra vaga e piena di slogan.

  12. Rompiscatole

    Sono certamente gli anni. Tanti, troppi ormai, per pretendere di entrare davvero in sintonia con giovani generazioni cui lasci in eredità un Paese malato. Per questo, sono certo, e per mille altri motivi che qui non conta ricordare, non tutto mi è chiaro della lettera di Paolo Donadio a De Magistris, ma non entro nel merito e non m’azzardo a segnare di pessimismo la legittima speranza sua e di quanti rappresenta. Sia – è un augurio vero, forte, sincero e sentito – sia come Donadio spera, quando, dai significati simbolici del dato elettorale, si passerà alle prosaiche pratiche politiche e alle scelte operative.
    Non potrebbe essere che così: a me, che guardo la vita con occhi ormai stanchi, può capitare facilmente di ricavarne un quadro sfalsato da una sorta di “presbiopia dell’esperienza”, che talvolta diventa pregiudizio e ti fa ragionare su dati distorti dal dato soggettivo della “memoria”, che fatalmente legge e deforma la realtà nuda e cruda. E occorre farci i conti. Ci provo con voi brevemente e pubblicamente, com’è giusto che sia, come faccio da sempre quando posso e credetemi: non per far sentire la voce d’un dissenso o la nota stonata di chi è sospettoso e, se non ha qualcosa o qualcuno cui opporsi, s’oppone a se stesso e trova che sia un utilissimo esercizio dell’intelligenza critica.
    Voglio sperare un gran bene da De Magistris che ho votato; voglio credere che da questo maggio “quasi francese” – molto più maggio che francese mi suggerisce l’occhio presbipe, ma lo faccio stare zitto; voglio credere che territori, realtà locali e – perché no? – l’intera città, tengano fede alla voglia di riscatto che si è letta nel voto. Perché di questo s’è trattato: un voto, una delega. Voglio crederlo. Mi sentirei più tranquillo, però, se stessimo ai fatti. La “comunità degli studenti, dei ricercatori e degli insegnanti” che hanno combattuto e combattono giorno per giorno lo smantellamento dell’istruzione pubblica io non riesco a vederla. Non la vedevo nemmeno nei giorni decisivi dello scorso autunno, qui a Napoli almeno, quando gli insegnanti di ruolo ignoravano la lotta dei precari espulsi a migliaia dalle scuole di ogni ordine e grado e, all’università, ordinari e associati lasciavano al loro destino i ricercatori e tutte le volte che potevano facevano da sponda alla Gelmini. In quanto agli studenti, non li ho mai visti tanto soli come al San Carlo, aggrediti da una polizia cilena, come nelle mille occasioni in cui avrei pagato chissà cosa per trovarmi al fianco i loro professori. Non c’erano, come non c’erano i genitori e i docenti nelle scuole occupate.
    Lo dico per la storia. Mezza città non è andata a votare e se è vero che il 30 maggio c’erano tanti giovani, meno vero mi pare che a votare De Magistris siano stati quelli che hanno lottato per difendere un sistema formativo pubblico. E’ vero il contrario. Molti di quelli che lo hanno votato se ne stavano a casa, quando si lottava per scuola, università e ricerca. E a casa se ne stanno, oggi, mentre i precari della scuola sono alla disperazione, fanno presidi e replicano come possono agli oltraggi sanguinosi di nullità travestite da ministri. In quanto all’università, per quello che è dato saperne, le reiterate richieste degli studenti di bloccare i processi concreti di realizzazione della riforma cozzano contro un muro. Dove sono e che fanno di concreto i docenti? Ci sono probabilmente, voglio crederci, senza dar retta alla mia maledetta presbiopia che tutto mi sfoca davanti e tutto distorce. Ovunque ci sono le piazze indignate, ovunque gli operai schiavizzati trovano la solidarietà degli “elettori del cambiamento”, ovunque i precari della scuola hanno a fianco studenti e docenti e sentono che l’università sta con loro, ovunque siamo uniti e decisi, protagonisti del nostro destino. Ovunque. Genitori, studenti, docenti e lavoratori. Sono certamente gli anni, è la mia incurabile “presbiopia dell’esperienza” che non me li fa vedere.
    Se per caso, però, così non fosse, se le piazze si riempiono a comando, oggi il “bavaglio”, domani le donne, dopodomani il popolo viola, la giustizia – la guerra no, quella non chiama in piazza nemmeno se le bombe le tirano a noi – se monta la rabbia una mattina, poi sbollisce e le piazze vanno deserte e non diventano presidio permanente, dopo le vampate di un sia pure storico maggio elettorale, se ognuno fa la sua lotta e ci si trova assieme a stento sui sacchetti della spazzatura e contro il nucleare, i soli forti quanto provvisori collanti, beh, vorrei sbagliare, ma lo temo a ragion veduta: quando il valore simbolico del dato elettorale farà spazio alla brutale ragione della politica che si fa dall’alto, noi qui come siamo, tanti e felici, ricchi di sogni e poveri di mezzi, noi ricorderemo l’ennesima stagione dei sogni.

    Mi fermo. Ce l’ho con me stesso. Tutto il male presente sta nel mio passato. Il vostro futuro è ancora innocente.

  13. L’appello espresso in questa lettera lo voglio interpretare come bisogno, desiderio e ricerca di nuova linfa al mondo della ricerca, nel senso più ampio del termine, a partire dagli studenti, dottorandi, ricercatori, ecc…. ma anche al mondo della cultura di questa città. Un invito affinchè si possano raggiungere e sviluppare forme di integrazione tra competenze accademiche e opportunità lavorative. L’investiemnto che ciascuno di noi ha fatto nell’università, nella ricerca, con impegno e sacrificio non puà restare un bene individuale ma deve essere un bene collettivo. La politica ha questo compito!!!

  14. Caro
    prof. Donadio, le risponde Annamaria Palmieri, Assessore all’Istruzione : avendo letto la sua bellissima e accurata lettera indirizzata al sindaco de Magistris, i cui contenuti appaiono non solo condivisibili ma densi di utili suggerimenti.

    E’ una inserzione, avendo sempre avuto fiducia nelle reti associative e avendovi io stessa militato ad ieri, essendo convinta che la vera battaglia del futuro sia l’affermazione della conoscenza (e della scuola, dunque) come bene comune, riunire tavoli di confronto con tutte le realtà che in città sono impegnate a difendere il sapere e a costruire cittadini consapevoli.

    Apriremo tavoli di discussione con l’Università, gli enti di ricerca, le associazioni disciplinari e professionali, le onlus, daremo voce a chi ha deciso di avere fiducia in una politica vissuta in modo partecipativo e di investire le proprio energie per cambiare la “narrazione “ di questa città restituendole la dignità di capitale culturale. E’ mia convinzione che quando una città si chiude, nella difesa o nella paura, nell’esistente e nel contingente, e non guarda ai nuovi linguaggi, il suo destino è segnato dalla sconfitta. Chi lotta contro questa chiusura e contro la mala politica è di sicuro nostro interlocutore.

  15. Caro Paolo Donadio, chi ti scrive è un ricercatore della Federico II , come te.
    Ma di cosa stiamo parlando ? Ma ti dimentichi che la legge che governava l’ università fino alla legge Gelmini era stata fatta nel 1980, in piena era catto-comunista, voluta ed approvata dai comunisti che all’epoca si firmavano così, e non come ora che tale termine è diventato offensivo e si nascondono sotto mille vuote sigle? Ti dimentichi che dal 1980 vi sono stati innumerevoli governi catto-comunisti, vi è stato il governo Dalema (ex presidente della Federazione dei Giovani Comunisti Italiani FGCI), vi è stato ministro dell’Università Berlinguer fratello, e poi Mussi, si proprio il comunista integralista Mussi ? Ti dimentichi che è stato rettore della nostra università Trombetti per otto anni – dico otto anni -, si proprio Trombetti campione dei comunisti nostrani e che Tessitore- si quell’altro grande campione di Tessitore, implorava di ripresentarsi – per la terza volta- alle elezioni rettorali, per non far cadere l’ Università in mano alla destra e che poi in un amen è passato, baracca e burattini, per non perdere ed aumentare il suo potere, all’ amministrazione regionale di Destra, con berlusconiani ed ex missini ?
    Ma allora, se è così facile risollevare le sorti dell’Università (giusto contestando la Gelmini), perchè non hanno fatto allora tutto quanto andava fatto per eliminare precariato, ingiustizie, nepotismi nullafacenza ed altro ? Perchè le sorti dell’università non le hanno risollevate Dalema, Berlinguer, Mussi Trombetti e gli altri quando potevano ed avevano il potere ed avevano una legge post- sessantottina ? Ma chi parlava allora? Dov’era la Rete 29 Aprile? Dov’era questa rete quando il compagno Trombetti è passato in un amen da sinistra a destra con velocità da formula 1 ? Siete forse scesi in piazza ?
    Al di là di tutte le vuote chiacchiere ti dico che ritengo la legge gelmini un ottima legge, fosse anche solo per aver posto un limite al precariato, non di stipendio ma culturale e di servaggio sottobaronale, dei Ricercatori confermati, finalmente sancendo che dopo 6 anni sei dentro- ma veramente dentro- o sei fuori, libero di crearti un’altra strada ed un altra carriera, senza vivere permanentemente nel ricatto e nella vana speranza di divenire ” professore vero”. Com’e d’altronde è in tutti i sistemi universitari civili e progrediti del mondo. E chi ti scrive c’ha lavorato in quelli altri sistemi, senza enfasi e senza sempre minacciare- ma a chi ? -di andarsene senza voltare le spalle abbandonando la patria ingrata. Senza considerare
    che ogni ricercatore che si rispetti ha sempre visto la possibilità di lavorare in altre realtà ed in altri climi come un formidabile strumento di avanzamento e di crescita e non come una umiliazione. Ci sarebbe tanto altro da dire e te lo dirò, a te e al sindaco, ma un’altra volta, perchè appunto sono all’università e ciò tanto da fare.
    Cordiali saluti

  16. Io non sono una ricercatrice, ne una persona appartenente al mondo accademico però vorrei ugualmente dirvi ciò che penso. Questa lettera racchiude il senso del cambiamento che una parte della città vuole. Io sono andata via da Napoli circa 5 anni fa e vivendola solo periodicamente mi pare di capire che invece di migliorare si è finiti nel buio culturale! Sono stata felice quando ho appreso la notizia della vittoria del Sindaco Giggino perchè ho visto ai tg gente allegra e unita per strada. Dopo la festa, per fortuna, c’è qualcuno come l’assessore Palmieri che ha espresso una posizione. Apriteli questi tavoli di discussione, date un futuro alla ricerca! Come si fa a non capire una cosa del genere nel 2011? Sono questi precari a trovare le medicine per i nostri figli, a realizzare strumentazioni sempre nuove per garantirci una vita qualitativamente migliore. Sindaco anche a distanza questo è il mio appello: LASCIATELI LAVORARE E AIUTATELI A FARLO!

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