Professione scrittore

La sua ultima fatica letteraria “La città di Adamo” (Fazi Editore) è stata finalista del Premio Strega 2011. Ma Giorgio Nisini, oltre alla sua attività di scrittore, è anche professore a contratto presso la Facoltà di Scienze Umanistiche dell’Università di Roma “La Sapienza” e redattore del “Bollettino di Italianistica” e dell’ “Annuario di poesia”.

Lei è la prova che i laureati in lettere possono sopravvivere al mercato del lavoro?
Oggi il mercato del lavoro è talmente saturo che non c’è titolo di studio in grado di garantire certezze. Ovviamente le facoltà umanistiche richiedono uno sforzo di sopravvivenza in più, ma tutto dipende dalla passione, dal talento, dall’impegno che ci si mette nell’affrontare la vita post-universitaria.

Quanto è stato difficile trovare sbocchi professionali anche nel settore della scrittura?
Quella dello scrittore è una professione abbastanza anomala. Non ci sono diplomi o strade da poter seguire, ogni scrittore ha alle proprie spalle un background differente. Certo, è un percorso molto lento e difficile, richiede una dedizione totale, e solo i lettori possono legittimare ciò che stai facendo. Ma qualsiasi professione creativa, ad alti livelli, è così.

Le statistiche sottolineano che c’è grande richiesta di profili altamente specializzati. Penso ad esempio ai tecnici di laboratorio o agli informatici. Una facoltà come Lettere e Filosofia non rischia, invece, di creare profili “generici”?
Si tratta di un vecchio dilemma, ma a volte la genericità è un pregio, piuttosto che un difetto. In generale va detto che una solida preparazione umanistica può risultare utile in molti settori professionali. Molti concorsi pubblici, ad esempio, richiedono una preparazione culturale di base piuttosto che una formazione tecnico-specialistica, e anche a livello imprenditoriale la mentalità “umanistica” è spesso vincente. Inoltre bisogna pensare che anche all’interno delle facoltà umanistiche è possibile acquisire un profilo specializzato (filologico, archivistico, informatico umanistico ecc.), tutto dipende dalla logica con cui si costruisce il proprio piano di studi.

Un maturando che vuole orientarsi verso studi umanistici come può districarsi nell’enorme offerta formativa del settore. Per fare la scelta giusta cosa si deve guardare all’interno di un corso di laurea?
Credo che in primis sia necessario guardare dentro se stessi. È fondamentale che una matricola capisca quale settore umanistico gli interessi di più, storico, artistico, filologico, letterario ecc., e soprattutto capisca il tipo di lavoro che vorrebbe fare, l’insegnante, il giornalista, l’editore, il ricercatore ecc. Solo a partire da queste coordinate può districarsi tra le numerose offerte formative che gli vengono messe a disposizione.

Fermarsi alla triennale o continuare con la specialistica?
Dipende. Se la triennale è funzionale al tipo di lavoro o di obiettivo che lo studente si prefigge è giusto fermarsi lì. Altrimenti specialistica.

Un consiglio agli studenti che stanno per iscriversi a questa facoltà…
Più di uno, tre consigli: 1) lavorare sodo con passione e con entusiasmo, è decisivo uscire dall’università con una preparazione molto solida. 2) Capire esattamente il settore che interessa di più e investire tutte le energie per realizzare i propri sogni; 3) Vivere l’università come una grande possibilità di formazione e di incontri professionali. È importante avere sempre un dialogo con i docenti che si stimano di più.

a.d.r.

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