Gli indignados di Piazza NavonaAteneiinRivolta: “Noi la crisi non la paghiamo”

Prosegue il presidio in Piazza Navona verso il voto di fiducia sulla manovra finanziaria previsto per questa sera. Riportiamo il comunicato dei collettivi universitari di AteneinRivolta

“Sembrava impossibile solo tre anni fa, allo scoppio della crisi economica, leggere sui giornali parole come “crisi sistemica” o “crisi strutturale” del Capitalismo. Eppure oggi, di fronte all’evidenza di una crisi che riguarda la maggior parte dei settori industriali e la produzione energetica e che si riflette sempre più sul versante sociale e politico, come dimostrano le rivolte di Londra e gli Indignados spagnoli, queste parole cominciano timidamente a comparire perfino su alcuni quotidiani mainstream.

In questa estate di stagnazione economica (con all’orizzonte una recessione che rischia di essere cronica), il nuovo acutizzarsi della crisi si è palesato con la caduta dei Titoli di Stato di molti Paesi europei. Come era prevedibile è arrivato il turno di quelli italiani e spagnoli, che hanno seguito quelli greci. La classe politica europea ha reagito compatta sotto i dettami della BCE e della leadership Franco-Tedesca e diversi paesi cominciano a mettere in atto le politiche di Austerity per le quali il caso greco è stato banco di prova.

Il Consiglio dei Ministri ha così dovuto effettuare un rientro anticipato dalle vacanze per formulare una manovra finanziaria volta al pareggio di bilancio per il 2014.
Un pareggio di bilancio sempre più difficile da raggiungere se si continuano a finanziare le banche. Una manovra quindi che, al di là di rimaneggiamenti e smentite che mostrano la profonda debolezza del Governo, è all’insegna di austerità e tagli con l’intento non nascosto di far pagare la crisi alle fasce più deboli della società, seguendo l’esempio delle maggiori economie mondiali, a cominciare da quella statunitense.
Cancellate infatti le ipotesi di “contributo di solidarietà” per le fasce reddituali più forti, escluso in partenza un intervento sulle patrimoniali ed eliminata la cancellazione delle province, a dispetto di tagli enormi a comuni ed enti locali che si manifesteranno in una diminuzione dei servizi e aumento delle tasse, è infine tornato sul tavolo di discussione il provvedimento sulle pensioni. Curioso notare come la ristrutturazione dell’economia mondiale abbia contemporaneamente bisogno di licenziamenti di massa e aumenti dell’età lavorativa! E’ evindente che l’intento è sfruttare e impoverire.

La manovra ha offerto inoltre al governo un’occasione unica per sferrare un attacco senza precedenti ai lavoratori e alle lavoratrici. Il governo ha eliminato la contrattazione collettiva, offrendo quindi alle aziende la possibilità di aggirare norme basilari come l’Articolo18 dello statuto dei lavoratori ed estendere di fatto il modello Pomigliano-Mirafiori a tutto il territorio nazionale. Un’intrusione senza precedenti del Governo nel rapporto lavoratori-aziende, che ha suscitato persino la reazione della CGIL, che solo il 28 Giugno aveva posto la firma sul vergognoso accordo tra le parti sociali.

La convocazione dello sciopero generale del 6 settembre appare forse un po’ frettolosa nella data – verrebbe quasi da fare ironia sul tempismo degli ultimi scioperi generali della CGIL – ma sicuramente stavolta risponde a un malcontento generalizzato e potenzialmente esplosivo che si è diffuso negli ultimi mesi in tutta la società. Una data di sciopero a cui si sono aggiunte anche le indizioni da parte dell’USB e di altri sindacati di base, che nei mesi scorsi si sono dimostrati gli unici che con i movimenti sociali hanno costituito un’opposizione dal basso al governo.

C’è una contraddizione però evidente fra la firma dell’accordo del 28 giugno, le politiche concertative che la CGIL sta portando avanti in accordo con Governo, Confindustria, Cisl e Uil e l’indizione di uno sciopero generale che punti alla difesa di lavoro e diritti. Sorge spontaneo chiedersi se la Cgil non voglia utilizzare per l’ennesima volta uno sciopero al fine di guadagnare potere contrattuale per futuri tavoli di trattativa concertativi. Di certo potremo vedere se sarà in grado di legarsi ai possibili movimenti dell’autunno, come invece non è accaduto negli ultimi anni.

Uno sciopero quindi da leggere in chiave positiva solo se sarà il primo di molti, se sarà in grado di aprire un autunno di lotte in risposta al massacro sociale imposto dal governo e dalla BCE. Se sarà da impulso per la generalizzazione del conflitto e l’apertura di spazi di discussione collettiva, a cominciare dall’assemblea nazionale proposta dal percorso Roma Bene Comune del 10 Settembre e dell’assemblea nazionale del cartello “Fermiamoli!” del 1 Ottobre a Roma.

Gli appuntamenti del 15 Ottobre, giornata dell’indignazione europea lanciata dagli indignados spagnoli, e le mobilitazioni contro il G20 sull’economia che si terrà a Nizza ai primi di novembre, in cui i movimenti sociali di tutti i paesi europei scenderanno in piazza per gridare il loro rifiuto al pagamento del debito ed alle politiche di austerità di governi e BCE, ci offrono un’opportunità unica per dare la necessaria portata internazionale alle nostre lotte!
Sta a tutti e tutte noi fare in modo che tutto questo non si riveli semplice sommatoria delle date autunnali ma l’inizio di un processo reale di ricomposizione sociale di tutti i movimenti in grado di mettere finalmente in crisi i governi di qualsiasi colore intenzionati a proseguire simili politiche”.

Ateneinrivolta – Coordinamento Nazionale dei Collettivi Universitari

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