Ricerca, «non inseguiamo quella europea, ma anticipiamola»

Ogni anno l’Italia non ottiene quanto dovrebbe in termini di finanziamento per la ricerca: contribuiamo al bilancio dell’Unione Europea per il 13,4% e riceviamo solo l’8,4. Secondo il direttore generale Miur per l’Internazionalizzazione della ricerca, Mario Alì, «c’è questa tendenza di portare nelle casse comuni Europee più di quello che poi in realtà riusciamo a riprendere.
MArio Alì - Direttore Generale per l'Internazionalizzazione della Ricerca

Ogni anno l’Italia non ottiene quanto dovrebbe in termini di finanziamento per la ricerca: contribuiamo al bilancio dell’Unione Europea per il 13,4% e riceviamo solo l’8,4. Secondo il direttore generale Miur per l’Internazionalizzazione della ricerca, Mario Alì, «c’è questa tendenza di portare nelle casse comuni Europee più di quello che poi in realtà riusciamo a riprendere.

Quindi direttore in che modo possiamo invertire la tendenza?
Secondo me si può tentare di invertire tale tendenza cominciando a pensare che oltre che essere cittadini italiani, siamo cittadini Europei e facciamo parte di quella grande famiglia che si chiama Europa.  All’interno di questa grande famiglia è stato adottato un importante documento che prende il nome di Europa 2020.  Tale strategia punta essenzialmente a rilanciare l’economia dell’UE nel prossimo decennio, focalizzando ad orientare le scelte della Commissione e degli Stati Membri verso una crescita che sia “intelligente, sostenibile e socialmente inclusiva.  In pratica l’Unione per raggiungere questi ambiziosi obbiettivi nel 2020, si è posta come traguardo anche il raggiungimento di cinque punti fondamentali: 

  • il 75% delle persone di età compresa tra 20 e 64 anni deve avere un lavoro;
  •  il 3% del PIL dell’UE deve essere investito in R&S&I;
  • i traguardi “20/20/20” in materia di clima/energia devono essere raggiunti (compreso un incremento del 30% della riduzione delle emissioni se le condizioni lo permettono);
  • il tasso di abbandono scolastico deve essere inferiore al 10% e almeno il 40% dei giovani deve essere laureato;
  • 20 milioni di persone in meno devono essere a rischio di povertà

Perché è fondamentale raggiungere questi punti?
Perché ormai si è capito che esiste una linearità tra formazione, ricerca, innovazione, sviluppo e quindi occupazione. Se non investiamo in conoscenze e competenze, il capitale immateriale, non partecipiamo alla distribuzione di questa nuova ricchezza delle nazioni. Se guardiamo a Paesi come Cina, India, Corea del Sud, Brasile, Turchia, fino a poco tempo fa definiti poco industrializzati, ci si accorge che in questi anni hanno posto particolare attenzione alla ricchezza immateriale diventando, oggi, Paesi all’avanguardia. A rafforzare tale tendenza c’è la comunicazione della Commissione europea Innovation Union, che è una delle iniziative faro della Strategia Europa 2020, dove si afferma che, se nel 2020 si raggiungesse l’obiettivo del 3% del prodotto interno lordo (PIL) europeo investito in R&S, si avrebbe come probabile conseguenza la creazione di circa 3.7 milioni di posti di lavoro, di cui 1 milione per nuovi ricercatori, con un conseguente aumento del PIL europeo di circa 800 miliardi di euro entro il 2025.  

In che modo ci stiamo preparando ad Horizon 2020?
Sicuramente Horizon 2020 – The Framework Programme for Research and Innovation dell’Unione Europea, con il suo possente budget di oltre 80 miliardi di Euro, sarà una delle condizioni necessarie per la nostra crescita e noi stiamo lavorando per questo. Alcune azioni intraprese dal nostro Ministro Prof. Francesco Profumo, in questi tempi, vanno nella direzione sopra esposta di miglioramento della nostra partecipazione a livello Europeo.  

–         L’allineamento fatto su alcuni bandi per progetti nazionali di ricerca, coerenti con le tematiche dei bandi europei, in maniera di preparare la  comunità e le imprese nazionali alla competizione del futuro programma di ricerca e sviluppo dell’Unione Europea Horizon 2020.

–         Nell’ambito del recente decreto di Governo sulla semplificazione, una parte rilevante riguarda l’adozione di procedure più snelle per la valutazione dei progetti europei, che coinvolgono imprese italiane, questo insieme alle misure approvate dal Governo per il credito d’imposta rivolto alle imprese che collaborano con la ricerca pubblica.

–         Sempre nel decreto semplificazione è stato inserito il riconoscimento di una percentuale almeno del 15% sui fondi FIRST nazionali per l’agevolazione della ricerca, per attività di internazionalizzazione della ricerca.

–         Un esempio interessante di tale allineamento è sicuramente il recente bando dedicato sui fondi PON alle smart cities and communities and social innovation, che riprende con forza il dibattito europeo su tale settore cruciale della ricerca.

Abbiamo difficoltà ad ottenere finanziamenti per i nostri progetti di ricerca, eppure le idee ci sono: siamo i primi in Europa per numero di proposte.
Devo dire con molta franchezza che basta guardarci indietro a pochi anni fa per renderci conto delle potenzialità di questo nostro Paese in attività di alta formazione e di ricerca.   Abbiamo assistito negli ultimi anni ad un leggero e continuo declino del nostro PIL in ricerca, ma credo, anzi sono certo, che l’attuale politica insieme alle grandi realtà scientifiche e storiche presenti in Italia, parlo di Università, Enti pubblici di ricerca, piccole e medie imprese, riusciranno a riprendere il cammino verso l’innovazione e lo sviluppo.  Ma crediamo che per riprendere il cammino verso l’innovazione e lo sviluppo serva dare maggiore attenzione a quanto ci viene richiesto nella Strategia Europa 2020.  In particolare dovremmo realizzare in modo più concreto il concetto di “coesione”: coesione di natura socio-economica e di natura operativa, lavorare attraverso grandi infrastrutture di ricerca e su progetti rilevanti che contengano al loro interno elementi di ricerca di base, fino ad arrivare alla ricerca pre-competitiva e competitiva. Le risorse a disposizione per queste specificità, mentre diminuiscono a livello nazionale, aumentano a livello Europeo. E’ quindi indispensabile tentare di passare da una politica di inseguimento della ricerca Europea, ad una politica di anticipazione. 

Che cosa vuol dire questo?
Vuol dire decidere oggi quali sono le nostre priorità nazionali sulle singole specificità di ricerca, creare delle roadmaps nazionali, considerando che impatto avranno sul PIL in ricerca e quindi difenderle a livello Europeo.

Il Lazio è una regione virtuosa, conquista più finanziamenti rispetto alle altre. Come giudica l‘apertura e l’arrivo di un Acquario a Roma, che avrà al suo interno un’area Expo?
I finanziamenti Europei sui programmi quadro della ricerca sono assegnati in relazione all’eccellenza scientifica delle proposte.  Il settimo programma quadro con i bandi di ricerca già lanciati nell’ambito del programma Ambiente ha già finanziato progetti di ricerca ambientale e marina e continuerà a farlo fino al 2013.  Il Lazio è la regione che riceve più finanziamenti Europei, corrispondenti al 23,64% del complessivo nazionale, superando la Lombardia al 21,45%.  La divulgazione della ricerca scientifica marina, e più in generale della cultura per il recupero del Mediterraneo offrirà molteplici vantaggi che sono sicuro l’Acquario di Roma saprà cogliere, insieme alle occasioni che si presenteranno. Ciò comporterà un rafforzamento non solo della ricerca nazionale ma, ancor di più, di quella regionale. 

L’Italia potrebbe riuscire a far convergere una parte dei fondi europei anche per i programmi di salvaguardia del Mediterraneo?
Il prossimo programma Horizon 2020 ha il proposito di continuare a finanziare questo tipo di ricerca.  Nel settore che riguarda progetti di ricerca ambientale e marina, l’eccellenza italiana è individuata proprio nella regione Lazio, vi sono in particolare due Joint Programming Initiatives (JPI) che sono “Water Challenges for a Changing World” (le sfide per l’acqua in un mondo che cambia) e “Healthy & Productive Seas and Oceans” (Mari e oceani sani e produttivi). E’ fondamentale realizzare azioni congiunte e coordinate per aumentare l’efficacia della ricerca italiana in ambito europeo ed internazionale, rafforzando il coordinamento della presenza italiana nelle iniziative europee ed internazionali, in materia di ricerca, sviluppo e innovazione, in particolare nell’ambito dell’attuale 7° Programma Quadro di Ricerca e Sviluppo europeo e soprattutto in previsione del prossimo programma Horizon2020.

Anna Di Russo
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