Cardiochirurghi: l’unica aspettativa è emigrare

Per un giovane specializzato in cardiochirurgia il nostro Paese e’ divenuto inaccessibile professionalmente. La mancanza di programmazione da parte del Pubblico e il riverbero della riduzione dei costi in tutto il comparto sanitario apre un nuovo spaccato di disoccupazione in ambiti fino ad ora inusitati.

Le stime parlano della necessita’ negli ultimi 5 anni di 1 specialista ogni 3.000.000 di abitanti, ma le universita’ italiane ne continuano a ”preparare” 3 volte tanto. E’ evidente che i due terzi non faranno il lavoro per il quale si sono preparati. E’ il quadro emerso nel corso del XXVI Congresso Sicch – Societa’ italiana di Chirurgia Cardiaca, attraverso le testimonianze di Elena Caporali membro Junior del Consiglio Direttivo della Sicch e di Daniela Manzone, giovane specializzata, che si sono fatte interpreti della testimonianza di altri 60 colleghi specializzandi e specialisti da circa 5 anni.

Caporali ha evidenziato che ”i circa settanta specializzati che ogni anno tentano di accedere ai reparti di cardiochirurgia sono bloccati dal fatto che i loro colleghi piu’ anziani non riescono ad andare in pensione e dal blocco delle assunzioni nel pubblico, effetto dei tagli alla spesa sanitaria.

Anche se da quest’anno il numero di posti in specialita’ e’ sceso a poco piu’ che 50, grande parte di questi giovani colleghi sono destinati alla disoccupazione”. Con l’eccesso di offerta di posti in specialita’ rispetto alla prospettive di assunzione puo’ capitare anche che la specializzazione in cardiochirurgia venga utilizzata come un ammortizzatore sociale: un giovane aspirante cardiochirurgo iscrivendosi alla specializzazione ottiene uno stipendio per 5 anni.

Al termine di questo percorso se, come spesso accade non viene assunto, intraprende o una strada di precariato di guardie notturne sottopagate o poco attinenti alla propria specialita’, oppure intraprende la strada di una nuova specializzazione. Cosi’ puo’ accadere che un cardiochirurgo disoccupato si specializzi in anestesia e quindi in igiene. Inoltre i giovani specializzati lamentano una carenza della formazione italiano rispetto allo standard europeo sia dal punto di vista delle tecniche chirurgiche sia della pratica ospedaliera.

Ecco perche’ Daniela Manzone, neospecialista in cerca di lavoro in Italia, data la drammatica situazione, sta valutando l’idea di intraprendere la professione cardiochirurgica all’estero. ”Non e’ un problema andare all’estero – ha spiegato – anzi nonostante le difficolta’ logistiche e linguistiche l’offerta e’ professionalmente di qualita’. Fa solo rabbia lasciare l’Italia per carenze organizzative del sistema e per l’assoluta incapacita’, spesso sospetta di formare e sostenere i futuri cardiochirurghi, non adeguata alla standard europeo richiesto”.

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