Italia-Germania: 2 a 21. Quando l’istruzione conta il 2%

I risultati del Rapporto sulla sicurezza in Italia e in Europa diffusi alla stampa in questi giorni, mettono in evidenza un fenomeno molto preoccupante per le politiche educative e per il ruolo dell’istruzione nel nostro Paese.

I risultati del Rapporto sulla sicurezza in Italia e in Europa  diffusi alla stampa in questi giorni, mettono in evidenza un fenomeno molto preoccupante per le politiche educative e per il ruolo dell’istruzione nel nostro Paese.

In tale ricerca, diretta da Ilvo Diamanti, sulla base di una serie di domande poste ai cittadini europei tendenti ad individuare i due problemi più importanti che il loro Paese deve affrontare, è stata elaborata una possibile Agenda dei cittadini in Italia e in Europa.

In questa Agenda politica ideale, in generale, l’economia si conferma in testa alla lista delle emergenze indicate dalla maggioranza dei cittadini italiani ed europei. Il dato che più colpisce riguarda il fatto che in Italia i primi tre posti sono occupati da fenomeni di carattere economico: la disoccupazione (49%), la situazione economica generale (42%) e la crescita dell’inflazione (28%).

Se confrontiamo questi dati con quelli della Germania, si scopre che la preoccupazione per la disoccupazione (17%) si colloca solo al terzo posto, mentre al primo posto (30%) troviamo l’attenzione per la crescita dell’inflazione e al secondo posto (21%) l’adeguamento dell’istruzione.

Questi dati ci suggeriscono due considerazioni: come è noto, la Germania ha un’economia stabile, forse già avviata verso la fuoriuscita dalla crisi economica, che comunque non ha subito un forte impatto negativo sulla disoccupazione, ma deve prestare maggiore attenzione al controllo dell’inflazione; per superare definitivamente la crisi, i cittadini tedeschi ritengono che sia necessario ripensare al peso e al ruolo dell’istruzione.

Dal punto di vista strutturale la differenza con i dati della situazione italiana è notevole, ma quello che più inquieta è  che la distanza culturale è abissale, poiché solo il 2% dei cittadini italiani (ultima priorità indicata, insieme al pericolo del terrorismo, tra quelle previste) ritiene che l’istruzione sia un problema importante da affrontare.

Un dato negativamente significativo che dovrebbe far riflettere i partiti e le forze politiche che sono impegnati nella campagna elettorale e spingerli ad assumere impegni tesi a mettere davvero al centro delle politiche per lo sviluppo sociale, economico e civile del Paese il rilancio del ruolo della scuola autonoma, responsabile e aperta al dialogo, dell’università e della ricerca, attraverso lo stanziamento di adeguate risorse e cospicui investimenti per migliorare i risultati complessivi.

Si tratta di una ricetta finalizzata ad uscire positivamente dalla difficile crisi globale già sperimentata in quest’ultimo periodo in molti Paesi di vecchia e nuova industrializzazione (Usa, Regno Unito, Germania, Canada, Cina, Brasile), non solo con politiche di austerity e di rigore monetario, ma attraverso investimenti volti a migliorare e a rilanciare la propria capacità competitiva, l’adeguamento della qualità delle competenze, il potenziamento della ricerca e una maggiore diffusione dell’innovazione produttiva, tecnologica ed organizzativa.

È necessario, dunque, che i partiti e le forze politiche italiane prestino maggiore attenzione al ruolo strutturale che svolgono la cultura e l’innovazione a favore della crescita e dello sviluppo, poiché i dati che arrivano dalla Germania dimostrano che: “non è vero che con la cultura non si mangia”.

Prof. Antonio Cocozza

Università Roma Tre, Luiss

 

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