SCUOLA – Gli insegnanti italiani sono i più vecchi al mondo: “Nel 2014 innalzeranno addirittura l’età pensionabile”

insegnanti italiani più vecchi al mondo

“Gli insegnanti italiani sono i più vecchi al mondo” – Non è la solita protesta dei genitori, o dei precari in attesa di un posto fisso. E’ il quadro che disegna l’Ocse nella sua analisi della scuola italiana. E per il 2014 non mancheranno le sorprese. E’ pronto, infatti, un nuovo giro di vite sul fronte delle pensioni dei lavoratori: dopo che la riforma Fornero ha elevato, dal 1° gennaio del 2012, l’età minima per accedere all’assegno di quiescenza da 60 a 62 anni, nel 2014 serviranno 63 anni e 9 mesi. Mentre per quelle che non posseggono il requisito dell’età anagrafica, servirà un’anzianità contributiva di 41 anni e 6 mesi entro il 31 dicembre 2014 (per gli uomini un anno in più). Considerando che oltre l’80 per cento dei docenti italiani è composto da donne, il nostro corpo insegnante non potrà che confermarsi negli anni, così, il più vecchio al mondo.

I numeri della scuola, del resto, parlano chiaro: quest’anno hanno lasciato il lavoro circa 11mila docenti e 4mila Ata. Mentre 12 mesi prima erano stati complessivamente 28mila. E nel 2007 oltre 35mila. Se non è un blocco del turn over, poco ci manca, con gli insegnanti italiani destinati ad essere sempre più tra i più vecchi dell’area Ocse: in base agli ultimi dati ufficiali, l’età media delle immissioni in ruolo è alle soglie dei 40 anni. E ormai complessivamente due insegnanti italiani su tre hanno almeno 50 anni. Non solo: i nostri docenti con meno di 30 anni sono appena lo 0,5%, mentre inGermania la presenza di insegnanti under 30 si colloca al 3,6%, mentre inAustria e Islanda al 6% e in Spagna al 6,8%. 

Oltre a questi numeri, che non necessitano di  commenti per la loro limpidezza, – commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – c’è da dire che in Italia i nostri governanti continuano a dimenticare che l’insegnamento è scientificamente collocato tra le categorie professionali più a rischio burnout. Mentre nel nostro Paese si continuano a tutelare altri dipendenti, come quelli di sicurezza, difesa e soccorso pubblico, che ancora possono lasciare a 57 anni, in certi casi a 53: in questi casi, infatti, la somma età-contributi si ferma non a quota 96, ma addirittura a 92 anni. Tanto è vero che nel primo semestre 2013 i dati ufficiali emessi dall’Inps hanno rivelato che i corpi di polizia hanno lasciato il servizio in media a 54,8 anni ed i militari a 57 anni. È davvero grave che a fronte di certe deroghe, su cui non spetta a noi entrare nel merito, per gli insegnanti la soglia della pensione è stata posticipata, quando entrerà a regime, a 67-68 anni”.

Il sindacato torna quindi a riproporre l’unica soluzione praticabile per uscire da questa situazione di impasse: trasformare in tutor per nuovi docenti tutti coloro che hanno alle spalle un congruo numero di anni di insegnamento, almeno 25-30. Con conseguente sottrazione, parziale o totale, delle ore di didattica frontale. L’opera di tutoraggio e di supervisione dell’operato dei giovani insegnanti, permetterebbe sia di svecchiare il personale in cattedra, sia di migliorare la qualità complessiva dell’insegnamento, visto che le nuove generazioni di docenti potrebbero ereditare tante conoscenze, capacità e competenze altrimenti destinate a perdersi. 

Nei prossimi giorni  – prosegue Pacifico – l’Anief chiederà un’interpretazione autentica proprio sulla specificità del mestiere dell’insegnamento. E sull’elevato logorio che arreca su chi lo conduce per tanti anni consecutivi. Si tratta di una trascuratezza che sta già producendo riflessi negativi sulle nuove generazioni che siedono sui banchi. Ma può continuare ad essere quello della scuola il comparto – conclude il rappresentante Anief-Confedir – per fare economie di spesa?”.

Raffaele Nappi

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