La Buona Scuola vista dalla stampa: “Non conviene davvero al Paese. Si punta sulla quantità, non sulla qualità”

Palazzo Chigi - Il ministro Giannini illustra le linee guida sulla scuola

Come ha reagito la stampa alla proposta di riforma della scuola di Renzi e Giannini? Ecco le principali considerazioni sui giornali italiani.

“E’ una riforma con pochi meriti che non conviene davvero al Paese”, scrive Roger Abravanel nel suo commento sul Corriere della Sera. “Il governo Renzi sta varando le linee guida della riforma della scuola. Propone di assumere dal prossimo anno a tempo indeterminato 150 mila docenti precari e tra due anni 40 mila nuovi docenti tramite concorso con un investimento a regime di 4 miliardi all’anno. L’obiettivo dichiarato è quello di dotare le scuole di tutti gli insegnanti di cui hanno bisogno ed eliminare la «supplentite». Non convince. L’obiettivo di stabilizzare i precari può avere senso. Non è colpa loro se per anni lo Stato italiano ha fatto mezze promesse facendogli frequentare scuole di specializzazione, senza mai stabilizzarli”.

“Se si vogliono ottenere risultati in poco tempo, come ha fatto la Polonia, bisogna allora valutare scuole e insegnanti. E si deve farlo sulla qualità dei risultati, misurati in modo oggettivo, non su parametri burocratici o potenzialmente fasulli. Il dubbio che emerge è che l’obiettivo politico sia il vero leit motivdi questa riforma. Che verrà applaudita dagli insegnanti e dai sindacati che si sono opposti ai «tagli», ma purtroppo anche da milioni di famiglie che non amano i test e non capiscono che essi sono una garanzia per la qualità dell’insegnamento e quindi di un minore rischio di disoccupazione per i propri figli. Il «patto tra insegnanti, scuole e famiglie» di cui parla la riforma rischia quindi di peggiorare ulteriormente la quota di senza lavoro tra i giovani del nostro Paese – conclude Abravanel”.

“Ancora una volta si preferisce la quantità alla quantità” – sottolinea Attilio Oliva sul Sole 24 Ore, che si concentra in particolare sul capitolo della valutazione per gli insegnanti. “A lasciar perplesso è soprattutto il rischio di un approccio analitico alla valutazione di una professione, come quella del docente, che richiede molte qualità: conoscere la disciplina, saperla trasmettere, saper motivare valutare gli studenti, sapersi relazionare con i colleghi e le famiglie. Sono competenze diverse: è difficile pesarle e attribuire un valore analitico a ognuna. E’ anche poco utile perché il loro bilanciamento ideale cambia a seconda dei contesti ambientali”.

“La valutazione dei singoli insegnanti, allora, è bene che sia olistica, anziché analitica, reputazionale da parte della comunità scolastica, contestuale (cioè valida all’interno di ogni specifico ambiente scolastico). Ed a valutare gli insegnanti possono essere solo coloro che lo conoscono: il dirigente, i colleghi, i genitori, gli alunni stessi”.

Salvatore Cannavò, del Fatto Quotidiano, si concentra sulla figura del docente “mentor”. “Cambierà anche il sistema per potersi abilitare: d’ora in poi ci sarà una laurea specialistica, a numero chiuso, con sei mesi di tirocinio presso una scuola sotto la tutela del docente mentor, che dovrò concedere la validazione.

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