"#labuonascuola è una farsa": studenti in piazza

Non un passo indietro“. Con questo slogan l’Unione degli Studenti annuncia l’intenzione di tornare nelle piazze del Paese il 12 marzo con cortei, assemblee e occupazioni per rilanciare le lotte contro le politiche del Governo, in primis la Buona Scuola, che hanno animato le piazze autunnali. Nel mirino principalmente i dispositivi legislativi che il Governo presenterà a fine febbraio per tradurre in iniziativa legislativa il progetto di riforma della scuola: un decreto legge e una legge delega e un terzo dispositivo dedicato agli studenti.
“Se il Governo pensa di procedere a tappe forzate per riformare la scuola contro le nostre istanze si sbaglia di grosso – dichiara Danilo Lampis, coordinatore nazionale dell’Unione degli Studenti in una nota al Corriere dell’Università – Renzi vuole liquidare facilmente le proteste degli ultimi mesi, ma noi non faremo dei passi indietro. Alla consultazione vi hanno partecipato soltanto 6600 studenti, mentre le mobilitazioni hanno attivato quasi mezzo milione di studenti.
In generale, la consultazione è stata una farsa utile soltanto per legittimare il Governo a mettere mano alla scuola del nostro Paese e ristrutturarla in chiave neoliberista. Dalle indiscrezioni si conferma che i pilastri tanto contestati della riforma rimarrebbero sostanzialmente immutati: la valutazione per svilire il rapporto tra studenti e docenti; la meritocrazia che favorisce una competizione nella miseria tra docenti, studenti e scuole stesse; il rapporto subalterno della scuola al mondo dell’impresa; una riforma degli organi collegiali con una centralità del preside manager, che acquisirà nuovi poteri in una scuola sempre più imprenditrice di se stessa; l’ingresso degli investimenti privati, unico viatico accanto ai contributi “volontari” delle famiglie, capace di sostenere una scuola pubblica che diventerà sostanzialmente privata.”
Roma_Manifestazione_24_Novembre
“Rispetto all’auspicata immissione in ruolo dei precari stupisce constatare la scarsità di investimenti disposti nella legge di stabilità, che peraltro dovrebbero coprire anche altri settori della riforma, a partire dall’”epocale” riforma dell’alternanza scuola-lavoro – continua Lampis – Il “pacchetto studenti” di cui tanto parla Faraone invece rischia di essere soltanto l’ennesima operazione di marketing politico senza un reale dialogo nel merito delle proposte e soprattutto senza aver ritagliato dei dovuti finanziamenti.
Il 12 marzo torneremo nelle piazze non soltanto per contestare la riforma e chiederne il ritiro, ma per aprire un reale processo democratico per costruire delle proposte alternative. Poniamo al Paese cinque priorità per ripensare la scuola: un nuovo diritto allo studio col fine di raggiungere la piena gratuità dell’istruzione, un’alternanza scuola-lavoro finanziata e qualificata, finanziamenti per il rilancio dell’autonomia scolastica, una riforma della valutazione in chiave democratica, investimenti sostanziosi sull’edilizia scolastica.”
“Chiediamo a gran voce che oltre alle priorità si ponga in discussione la Legge d’Iniziativa Popolare sulla scuola ripresentata ad agosto perché, se implementata, potrebbe costituire un grande punto di partenza per la definizione di una scuola inclusiva, laica e democratica. –conclude l’UdS – Scenderemo in piazza il 12 marzo anche per denunciare a gran voce gli intrecci tra mafie e politica che, da Expo a Mafia Capitale, ci interrogano sulla necessità di un’alternativa culturale. Ma non solo: richiederemo a gran voce un nuovo modello di sviluppo che ponga al centro la questione ambientale e la democrazia sui territori. Al pari di questo ci faremo sentire per chiedere una radicale inversione delle politiche sul lavoro e sul welfare, come richiesto dalla piazze studentesche, dello sciopero sociale e sindacali nel corso dell’autunno. Difatti i decreti attuativi del Jobs Act precarizzano definitivamente il mondo del lavoro. In un momento così difficile come questo, con l’imperversare di movimenti xenofobi e neofascisti che speculano sul malessere sociale, occorrerebbe rispondere con nuove politiche sociali, lavoro, reddito e diritti”.

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