L'intervista al rettore d'Alessandro: "Ricerca e laboratori, le sfide del futuro"

“La vera missione dell’Università è quella di ‘far fare’ agli studenti: credo sia il compito più arduo e impegnativo per un Ateneo, un lavoro personale con ogni singolo studente, che sa ma che anche ‘produce’ e mette in pratica”. Lucio d’Alessandro è Rettore dell’Università Suor Orsola Benincasa dal Maggio del 2011. Nelle ultime elezioni è stato riconfermato alla guida dell’Ateneo napoletano: il prossimo 1 novembre 2015, quindi, inizierà formalmente il nuovo mandato. Ma quali sono le novità e le prospettive del prossimo quadriennio? Ecco l’intervista del rettore al Corriere dell’Università
 
Parliamo delle novità del prossimo quadriennio da rettore: quali sono gli obiettivi del Centro di Ricerca Scienza Nuova, aperto nel cuore di Napoli?
Negli ultimi vent’anni Suor Orsola si è affermata davvero come istituzione leader nel Mezzogiorno. Una istituzione libera, pubblica e non statale, attiva nella ricerca e nella formazione. Con il corso di laurea in Scienze della comunicazione, il corso di laurea in Scienze e tecniche di psicologia cognitiva, la prima Scuola di Giornalismo del Mezzogiorno peninsulare, il Corso in Giurisprudenza, fino al neonato Master in Cinema e Televisione, affidato al produttore de La grande bellezza, Nicola Giuliano, in questi ultimi anni stiamo sviluppando e promuovendo alcune vere vocazioni ed eccellenze in ambito nazionale e internazionale. penso al polo della comunicazione, a quello delle nuove tecnologie per i beni culturali.
I primi quattro anni di lavoro, nonostante la crisi economica che ha investito il Paese e i tagli sempre più consistenti del finanziamento pubblico destinato al sistema universitario, sono stati segnati da un grande potenziamento delle attività di ricerca scientifica nei tanti ambiti delle scienze umane in cui l’Università Suor Orsola Benincasa opera con centri di eccellenza e percorsi di alta formazione: penso, ad esempio, alla nascita del Centro di Ricerche Sociali sulla Dieta Mediterranea e del Centro di Ateneo per la Ricerca educativa. E non a caso l’Anvur ha collocato il nostro Ateneo nel ristretto novero delle università italiane alle quali è stata riconosciuta una valutazione di eccellenza della ricerca. All’interno della cittadella seicentesca, che ha anche ricevuto il riconoscimento Unesco come patrimonio dell’Umanità, si è aperta davvero una fucina di futuro, nuove tecnologie, incubatori d’impresa e spin off.
Molto ancora vogliamo fare, e faremo, nonostante la difficile congiuntura che sta penalizzando in particolare proprio gli atenei del mezzogiorno. In particolare tra le nuove sfide, c’è l’apertura del nuovo Centro di Ricerca Scienza Nuova, che già lavora in forma laboratoriale da alcuni anni, e che rappresenterà nel cuore del centro della città di Napoli, in via Chiaia, un presidio fisico di best practices nel settore delle nuove tecnologie applicate ai beni culturali e alla ricerca industriale. E tra le altre nuove sfide ci sono i tanti cantieri aperti, la musealizzazione della cittadella, il polo della comunicazione, che è già realtà. Con le sedi nel cuore di Napoli – via Chiaia, la Cappella Pignatelli al centro storico e la sede restaurata al complesso della santissima Trinità delle monache – l’ateneo vuole davvero ‘abbracciare’ la città, penetrarla e offrirle un valido servizio di riqualificazione delle sue immense risorse, materiali, culturali e anche umane.
Lei ha parlato spesso di una “quarta missione” dell’Università, quella di collegare, cioè, i giovani al mondo del lavoro. Cosa sta facendo l’Ateneo in questo senso? 
Da sempre il Suor Orsola Benincasa, oltre alla sua spiccata vocazione al dialogo con il territorio, ha dedicato energie e saperi, competenze e organizzazione al servizio dei suoi giovani, di ogni singolo studente, che è persona, e che merita di essere protagonista di un progetto formativo completo per la costruzione del suo futuro. Con i laboratori delle nuove tecnologie, con la Torre della Comunicazione, con il Centro di produzione crossmediale, ma anche i laboratori di restauro, per tutti i corsi di Laurea ci impegniamo ad affiancare, alla didattica tradizionale, anche una metodologia di taglio pratico, che rende davvero competitivi i nostri laureati. Sono stage e laboratori che collaborano a una formazione professionalizzante, ‘far fare’ agli studenti credo sia il compito più arduo e impegnativo, un lavoro personale con ogni singolo studente, che sa ma che anche ‘produce’ e mette in pratica. Un learning by doing che forse è più facile proprio nei liberi atenei, in un rapporto diretto docente-discente, e soprattutto in una rete di rapporti che l’ateneo intesse con il territorio di riferimento. E i numeri ci stanno dando ragione. Grazie a una rete di centinaia di imprese, il tasso di placement sta progressivamente aumentando.
Ha definito l’ufficio placement dell’Università Suo Orsola Benincasa “il fiore all’occhiello dell’Ateneo”. Come funziona e quali sono i suoi risultati?
Siamo stati tra i primi atenei del Mezzogiorno a dare vita ad uno specifico Ufficio Job Placement, che accompagni i laureati nel loro ingresso nel mondo del lavoro. Consulenti altamente specializzati guidano i nostri studenti nella redazione del curriculum, nella gestione dei colloqui di lavoro, orientano a percorsi formativi post-lauream specifici, o anche stage formativi in Italia e all’estero. Insomma, non abbandoniamo i nostri iscritti. Negli ultimi tre anni sono triplicate le convenzioni e gli accordi di collaborazione con imprese ma anche ordini professionali e associazioni di categoria. Una rete capillare di contatti che si offre anche come osservatorio sul territorio. Grazie ai suggerimenti del placement, e dunque del mondo del lavoro, in questi ultimi anni abbiamo ristrutturato anche i percorsi formativi. Ci fa gioco la nostra flessibilità, il nostro voler essere davvero un Ateneo a misura di studente.
Con il nuovo corso di laurea in Scienze dei Beni Culturali si mettono a sistema arte, archeologia e turismo. L’Ateneo, inoltre, riporterà alla luce la cappella Santa Maria dei Pignatelli, nel cuore del centro storico cittadino: qual è il rapporto tra l’Università Suor Orsola e la città di Napoli?
Dopo aver fondato, nel 1990, il primo Corso di laurea in Conservazione dei Beni culturali di tutto il Mezzogiorno, oggi il Suor Orsola entra a gamba tesa in modo del tutto innovativo di formazione e ricerca nel settore, puntando sulle tecnologie più avanzate per la conservazione, il restauro e la valorizzazione turistica.
Da vicepresidente della CRUI, qual è la sua valutazione sulla riforma della scuola?
Questo punto, la scuola, fa tornare il Suor Orsola alla sua prima vocazione, mai tradita: la formazione dei docenti, in una centralità della istituzione scuola e delle altre istituzioni educative che è stata per noi sempre centrale. Siamo convinti che la centralità di una ‘pedagogica civile’ sia stata ormai da troppo tempo trascurata. È una premessa d’obbligo per poter avanzare una opinione su una riforma che, sia pur apprezzabile nelle intenzioni e nell’aver posto di nuovo al centro dell’agenda politica la scuola, credo abbia ancora molti nodi da sciogliere. In particolare credo che l’esperienza delle università debba far riflettere, per non commettere gli stessi errori. Credo cioè che, al di là di un condivisibile criterio di autonomia responsabile che deve coinvolgere le scuole e offrire alle stesse famiglie la libertà di scelta del percorso educativo dei propri figli, il sistema di valutazione debba essere ancora tutto scritto. Un sistema che ci auguriamo essere più snello ed efficace di quello che ha coinvolto e stravolto gli atenei, e che continua a subire revisioni in corso d’opera.
Si è parlato nelle ultime settimane di “buona università”. Come accoglierebbe una possibile riforma del sistema universitario nazionale?  
Alla luce della Magna Charta Universitatum e delle European Universities declarations, a conclusione del semestre italiano di Presidenza dell’UE, credo che all’agenda università e ricerca restino ancora molti punti irrisolti. In particolare, è ancora bassa la percentuale di laureati rispetto agli obiettivi di Europa 2020, ancora insufficiente  – specie nelle regioni meridionali – il collegamento con il mondo del lavoro. E ancora basso e insufficiente il numero dei ricercatori e naturalmente ancora praticamente irrisori, e sempre in drastica diminuzione, i fondi destinati a quelli che ormai sono a tutti gli effetti incubatori e presidi di economia, sviluppo e cultura del nostro paese. Al di là di dibattiti ideologici, sono dell’idea che una buona università sia innanzitutto una comunità – fisica e in presenza – di studi, di saperi e di competenze, di crescita, una officina di ricerca e innovazione. Una università che non teme, come ha già dimostrato, valutazioni e controlli, ma che chiede anche premi e riconoscimenti. Una università che non può essere solo affatto statale o affatto privata. Una rete formativa di eccellenza, diffusa sul territorio, plurale e libera, pur con rigidi criteri di accreditamenti che non possono certo basarsi su criteri esclusivamente numerici, né misurata in numero di docenti incardinati. Una università che anzi sappia essere sempre meno autoreferenziale e aprirsi al mondo delle professioni.
Ultima domanda: cosa significa essere Magnifico rettore a Napoli, e all’Università Suor Orsola Benincasa?
Un’esperienza bellissima. Ho dedicato svariati decenni di vita a questo Ateneo, al quale sento ancora di poter offrire entusiasmo e passione. Credo nel suo decisivo ruolo per questa città. Credo ancora nel ruolo di ciascuno di noi per questo territorio del quale spesso si parla osservandolo da lontano. Ho avuto il coraggio di rimanere, ho rifiutato tentazioni e proposte concrete di andare via. Vorrei che, anche attraverso di me, Suor Orsola fosse davvero la risorsa viva di questa città, una delle pagine della sua rinascita.
Raffaele Nappi

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