Universiade Gwangju 2015

L’esperienza di Gwangju è stata tra le più belle ed inaspettate che mi potessero capitare. Si svolgeva la stagione calcistica 2014/15 ed io militavo nella Lupa Roma, squadra di Lega Pro che tutt’ora disputa questo campionato. La regular season stava volgendo al termine con il nostro obiettivo salvezza perseguito con qualche giornata d’anticipo; ecco che arriva una chiamata ad informare la società che sarei stato convocato per il raduno al Mancini Park Hotel di Roma in vista dell’ Universiade di Gwangju 2015. Rimasi piacevolmente sorpreso perché tutto mi aspettavo fuorchè finire la stagione calcistica con questa possibile manifestazione, di cui ne sentii parlare solo in qualche circostanza durante l’anno, essendo uno studente universitario della facoltà di economia oltre che atleta professionista.
Finì la stagione ed iniziò per me un breve periodo di pausa utile a ricaricare le pile e presentarmi in buone condizioni al ritiro. Di questa settimana ho ricordi di sudore, fatica e allo stesso tempo di conoscenza e ambientazione in un contesto nuovo. Sappiamo tutti che il calcio sia uno sport di squadra, per questo mi sento di dire che la fratellanza, l’unità d’intenti, la fiducia e la condivisione sono valori fondamentali per potersi esprimere ad ottimi livelli. Penso che il calcio come lo sport in generale sia innanzitutto una grandiosa scuola di vita se interpretato nel modo corretto: serve a disciplinare la vita di una persona, imponendogli regole e obiettivi da raggiungere, quindi a indirizzarla ad assumere un determinato comportamento utile ai fini sociali. L’esperienza coreana sicuramente ha racchiuso tutto ciò.
Finita la preparazione partimmo alla volta di Incheon, da lì con un pullman raggiungemmo Gwangju, situata nella zona meridionale della Corea del Sud. L’impatto con questa realtà fu un connubio di emozioni particolari, sicuramente partii con estrema curiosità e voglia di confrontarmi con una realtà che fino a quel momento non avevo certo idea di come fosse. Di base poi c’era grande gioia e voglia di godersi ogni attimo di quella spedizione “di privilegiati” che stava andando a rappresentare il proprio Paese in un contesto d’importanza mondiale. Arrivati in terra orientale dunque ebbi subito la sensazione di essermi immerso in un ambiente totalmente differente dal nostro, dal cibo ai bar, ai ristoranti, alle insegne stradali, al tipo di macchine e soprattutto queste costruzioni che formavano la città: caratteristica che ha anche contraddistinto il nostro Villaggio Olimpico, strutturato in altezza più che in ampiezza con dei palazzoni enormi. Per chi non lo sapesse alloggiavamo in questo centro con tutti gli altri atleti di tutto il mondo, inclusi membri dello Staff e volontari inservienti del posto, eravamo circa 14.000 persone. Le discipline praticate erano 20, quindi lascio immaginare la varietà di atleti presenti. Penso non ci potesse essere struttura migliore per creare quella magia di unione e scambio culturale tra popoli, Paesi di ogni angolo del mondo; un arricchimento personale possibile solo attraverso un sano confronto per instaurare rapporti autentici. Sono stati giorni meravigliosi, dove spesso riuscivamo, grazie anche alla flessibilità del mister, a ritagliare spazi di tempo per conoscere la città e quante più cose possibili. Ricordo con piacere una cena fatta in pieno centro con un paio di compagni, in un tipico ristorante del posto, dove ho avuto modo di assaggiare la loro cucina, oppure la passeggiata per le vie centrali tutte molto strette ed illuminate che contrastavano con gli imponenti grattacieli periferici (in maggior parte uffici).
Per quanto concerne il lato sportivo, eravamo tutti i giorni sul campo, alternando partite ad allenamenti: una sana competitività ed il rispetto per l’avversario la facevano da padroni. È stato un torneo all’insegna della correttezza dove nessuna squadra si è risparmiata, provando a raggiungere la tanto agognata Medaglia d’Oro! Francamente credo che abbia vinto la squadra che sul campo si è espressa meglio. Penso che nella maggior parte dei casi si arrivi a dei successi perché oltre ad una buona dose di classe individuale dei singoli si aggiunge l’alchimia che va a crearsi all’interno di un gruppo, la predisposizione al sacrificio l’uno per l’altro, quella correlazione che c’è tra compagni e lo Staff basata sul rispetto e lealtà. Questi credo siano principi cardine da cui prescindano molte Vittorie, cosi nello sport ma anche nella vita, come nel lavoro ad esempio: l’idea di fare “squadra” e remare tutti dalla stessa parte non può che portare ad un risultato positivo. Questo è quello che è capitato a noi in questa fantastica avventura dove alla fine ci ha visti trionfare dopo 18 anni dall’ultimo e unico successo alle Universiadi fin lì per l’Italia del calcio. Per me, vivendola dall’interno, è stata un’emozione unica; partecipare alla mia prima Universiade e vincerla penso sia stato il massimo. È stata come la ciliegina sulla torta, aver scritto quel pezzettino di storia che ti inorgoglisce ancor di più di quanto lo sia stato partecipare ad un evento di tale portata. Si, perché già di per sé tutto ciò ha rappresentato per me un’irripetibile occasione di conoscenza di usanze diverse, di differenti modi di relazionarsi con il prossimo e, perché no, un differente gusto del bello.
Conclusa la manifestazione abbiamo fatto un glorioso rientro in patria, con un misto di stanchezza e fierezza siamo stati accolti dai nostri cari e siamo tornati alla normalità. Qualche mese dopo infine siamo stati ricevuti in FIGC a Roma e al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca per essere premiati per il risultato conseguito.
– 170 paesi partecipanti
– 64 paesi andati a medaglia
– 20 discipline
– Italia: 7° posto nel medagliere con 11 ori, 15 argenti, 17 bronzi
 
Lorenzo Cerrai

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