Narra il mito di un luogo intricato fatto costruire dal re Minosse sull’isola di Creta per rinchiudervi un’orribile creatura, il Minotauro. Il labirinto si configura come una successione di stanze, sempre più buie, sempre più profonde dentro le quali viene meno l’orientamento e si rischia di perdere il controllo della propria esistenza. L’unico modo per uscirne intatti è seguire un sottile filo rosso connesso al punto di origine o, in alternativa, guardare il cielo, il sole, le stelle. Non è un caso che il termine “orientamento” derivi dal latino “orior”, nascere, sorgere, volgersi verso oriente e quindi avere dei punti di riferimento. Per traslato, orientarsi indica la capacità di distinguere il punto di partenza, il punto in cui ci si trova e quello a cui si tende.
Oggi, più che mai, il mondo è in evoluzione ed è sempre più problematico capire quale strada imboccare nella scuola, nel lavoro, nella vita. Io stessa, dopo il liceo, ho iniziato una carriera universitaria che mi avrebbe assicurato un posto lavorativo nel giro di pochi anni. Influenzata dagli amici, parenti e dai mass media, ho tagliato il filo rosso di Arianna e mi sono persa. Forse se durante gli anni liceali avessi avuto l’opportunità di conoscere meglio il contesto lavorativo e se mi fossero state trasmesse maggiori competenze trasversali (dette anche soft skills), sarei stata meno propensa a errare. Per questo motivo ritengo che l’alternanza scuola-lavoro, resa obbligatoria dalla legge 107/2015, sia uno strumento con enormi potenzialità formative, educative, orientative. Uso il termine “potenzialità” perché i problemi che le scuole, gli enti pubblici e privati, le famiglie e gli studenti stanno affrontando per rendere questa alternanza fattibile sono sotto gli occhi di tutti. Spesso, però, gli ostacoli burocratici nascondono la bellezza dell’idea di un percorso educativo fatto di teoria e di pratica, di confronto e di crescita.
In questi mesi ho avuto la fortuna di incontrare diversi responsabili scolastici dell’alternanza, dirigenti scolastici di licei, istituti tecnici, professionali e imprenditori. Con mia grande sorpresa, al di là delle linee di pensiero specifiche di ciascuna persona, era condivisibile un punto in comune: l’alternanza non deve essere solo un “imparare a fare” ma deve essere primariamente un “imparare a essere” in diversi contesti, da quello scolastico a quello lavorativo. L’alternanza, se progettata strategicamente nel corso dei tre anni, sarebbe in grado di offrire al giovane studente capacità di autovalutazione, relazionali, di team-working, comunicative e comportamentali. In altre parole permetterebbe alla persona-studente di essere più preparato ad affrontare i cambiamenti, le sfide e a compiere scelte consapevoli per la propria vita. Alternare la scuola al lavoro è essere flessibili, è essere capaci di imboccare una strada, capire di avere sbagliato e tornare sui propri passi per ricominciare; è sapersi orientare. Sandro Sproccati scrive: “il labirinto è il luogo dove il luogo si complica […] e dove il tempo viene sospeso in una contemporaneità assoluta: quella che pone l’origine e il domani più distante nello stesso tempo-luogo”.
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