La mobilità urbana è una tra le esigenze primarie di una politica che guardi al Bene delle persone: stress, inquinamento, ore di lavoro o riposo perse sono tra le conseguenze più frequenti peggiorative della qualità della vita. È stimato che, a causa delle inefficienze del trasporto pubblico, ogni anno si perdano tra i 30 e i 50 miliardi di Euro, equivalenti al 3% del Pil, e si emetta il 3% di anidride carbonica in più rispetto alla media europea.
Di fronte a questo quadro critico della realtà sono necessari interventi strutturali urgenti: migliorare la condizione del traffico urbano, adottare politiche di mobilità sostenibili e intelligenti; tutte queste azioni non possono essere più prorogate.
La domanda che sorgerà spontanea è: dove trovare i soldi, specialmente in tempo di crisi, dove a colpi di spending review il trasporto urbano soffre più che mai tagli ai già limitati finanziamenti? Uno spunto interessante a tal proposito ce lo fornisce la Corte dei Conti europea, la quale sostiene che due terzi dei progetti di trasporto pubblico urbano cofinanziati dall’Unione Europea (una cifra che supera i 10 miliardi di Euro in totale), sono sottoutilizzati a causa di carenze nella concezione dei progetti e di una politica inadeguata in tema di mobilità.
Una crisi, sia a livello culturale sia a livello economico, può provocare due tipi di reazioni: un taglio indiscriminato agli elementi fondanti di un servizio per salvare le pratiche negative esistenti (corruzione, sperpero di denaro pubblico), oppure un giro di vite virtuoso, che sappia mettere in moto le idee, risvegliare l’orgoglio del Bene comune, e scoprire che risparmiando si può innovare.
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