Rimane il programma europeo dei record con 4,4 milioni di giovani interessati, 1,4 scambi tra giovani, 1,8 docenti e 1,3 studenti della formazione professionale che sommati al personale arriva alla di 9,1 milioni di persone. Sono passati trent’anni da quel 15 giugno 1987 quando il programma venne ratificato dal Parlamento Europeo. Gli unici ad opporsi furono gli inglesi, che votarono contro la delibera di Bruxelles. All’epoca furono 220 gli studenti interessati, oggi sono quasi 34 mila, l’11,7% del totale. In Italia, invece, partono il 10% degli studenti universitari.
Oggi a Strasburgo è stato omaggiato questo traguardo dell’Unione degli europei, che fino alla seconda metà del secolo sembrava ancora un miraggio. Presenti il presidente dell’Europarlamento, Antonio Tajani, e del presidente della Commissione Jean-Claude Juncker, dove verranno lette 33 storie, una per ogni paese. L’Erasmus, che ha ricevuto il nome da Domenico Lenarduzzi, figlio di friulani emigrati in Belgio, è stato potenziato nel 2014 con Erasmus Plus; oggi il progetto coinvolge ambiti di istruzione scolastica, educazione degli adulti e istruzione superiore/universitaria. Finanziato fino al 2020 con 14,7 miliardi di euro, interessa per due terzi le opportunità di studio all’estero e per un terzo le partnership e riforme a livello educativo.
L’Erasmus è il vero fondamento della cittadinanza europea contro le derive nazionali, vedi la Brexit. Secondo i dati della Commissione, l’83% dei giovani coinvolti nel programma durante questi anni si sente “più europeo”, il 94% dichiara di essere diventato “più tollerante”, e l’81% è andato a votare alle elezioni europee del 2014, contro il 30% dei giovani in generale.
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