A scuola uno studente su quattro è figlio di immigrati

Nel 2015 uno studente su quattro che vive negli stati dell’area Ocse risulta essere nato all’estero o ha uno dei due genitori nati all’estero. Lo svela il Rapporto Ocse-Pisa sulla “Resilienza degli studenti con background di immigrazione. Fattori che promuovono il benessere”. I risultati evidenziano come tra il 2003 e il 2015 il numero degli studenti di 15 anni di origine straniera è cresciuto in media del 6 per cento nell’area. Svizzera e Lussemburgo gli stati con la percentuale più elevata rispetto i residenti. L’Italia è stata interessata in maniera minore al fenomeno nel lungo periodo. Ma le cose cambiano proprio nella fascia temporale dal 2003 al 2015, dove il nostro paese, essendo stato interessato solo recentemente di maggiori flussi, riporta un incremento di figli di immigrati pari 10 per cento all’interno delle proprie classi. 
Nei paesi dell’area Ocse, tra il 2003 e il 2015 il numero degli studenti di 15 anni di origine immigrata è cresciuto in media di 6 punti percentuali. Nel 2015 uno studente su 4 che vive negli stati dell’Ocse risulta essere nato all’estero o ha un genitore o entrambi i genitori nati all’estero. Crescono le differenze culturali, sociali e linguistiche. Una sfida ma anche un’opportunità da cogliere. Gli studenti con un background di immigrazione (in Italia sono il 17%) tendono a essere meno bravi a scuola rispetto ai nativi. Questo è particolarmente vero per gli studenti nati all’estero da genitori stranieri. “Il 69% degli studenti nativi italiani raggiunge i risultati di base richiesti dall’Ocse nella lettura, nella matematica e nelle scienze, mentre soltanto il 51% degli studenti immigrati di prima generazione li raggiunge – spiega Francesca Borgonovi, l’analista che ha curato l’indagine -. Il gap è ancora più marcato se si fa riferimento agli studenti arrivati nel nostro paese dopo i 12 anni di età, quindi con uno svantaggio linguistico rilevante: tra loro solo il 36% ottiene i risultati”.
Lo studio Ocse-Pisa si concentra anche sull’indicatore del ‘benessere personale‘. E pure qui emergono differenze. “Il 64% degli studenti nati in Italia dichiara un forte senso di appartenenza alla comunità scolastica – rileva la ricercatrice – mentre tra gli studenti che hanno i due genitori nati all’estero la percentuale scende al 54%”. Sono poche, poi, le famiglie di ragazzi con genitori immigrati che scelgono di mandare i figli alla scuola d’infanzia: spesso il motivo risiede nella minore è la consapevolezza dell’importanza di far frequentare ai bambini questi istituti. Di contro, però, “le famiglie con un background di immigrazione mostrano di credere più fortemente degli italiani nella possibilità che la scuola funga da ascensore sociale, nonostante le forti barriere linguistiche e socio-economiche che ostacolano l’eccellere dei ragazzi”.
Proprio gli svantaggi socio-economici e le barriere linguistiche sono ritenuti i principali ostacoli all’integrazione degli studenti immigrati. E si insiste sul fatto che i sistemi educativi, le scuole e gli insegnanti possano giocare un ruolo significativo per accogliere gli studenti nella comunità, per aiutarli a superare le difficoltà e costruire la loro resilienza scolastica, sociale, emozionale e motivazionale. “Nelle classi multietniche è importante che l’insegnante capisca il background di ogni studente – fa notare Borgonovi-. Bisognerebbe investire nella formazione dei docenti: in molti, infatti, non si sentono pronti, e chiedono di poter seguire training e corsi specifici per imparare sia un approccio pedagogico più personalizzato, sia un metodo per catturare e mantenere l’attenzione dei propri studenti”.
Non va meglio negli altri paesi dell’area. Allargando lo spettro agli altri paesi Ocse, emerge che gli insuccessi tra gli studenti con un background di immigrazione in Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Germania, Islanda, Giappone, Lussemburgo, Slovenia, Svezia e Svizzera sono più del doppio degli insuccessi dei nativi. Ma anche nei paesi dove gli insuccessi sono meno marcati, gli immigrati soffrono qualche disagio. Nella repubblica Slovacca e in Spagna a un numero rilevante di immigrati manca un forte senso di appartenenza alla scuola. In Francia, Islanda, Spagna e Gran Bretagna molti immigrati si dichiarano insoddisfatti della loro vita. In Austria, Finlandia, Lussemburgo e Svizzera il numero degli studenti con background di immigrazione che denuncia fenomeni di ansia scolastica è considerevolmente superiore al numero dei nativi. 

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