Risultati tutti da verificare e spese spesso paradossali: nel 2018 un’ora di educazione fisica costerà dieci volte più in Campania che in Lombardia, per fare un esempio. Questo il bilancio di “Sport di classe”, il programma che riguarda la scuola primaria e di fatto esiste sotto forme diverse ormai da otto anni: lanciato per la prima volta nel 2010 come “Alfabetizzazione motoria”, dal 2014 ha assunto la corrente denominazione senza che però cambiasse il suo spirito. I costi? Quindici euro al Centro-nord e 130 nelle otto Regioni meridionali, scrive Lorenzo Vendemiale sul Fatto Quotidiano. Per fare praticamente le stesse identiche attività, all’interno dello stesso progetto, che pur essendo finanziato con più soldi avrà una copertura minore che in passato.
Alle elementari i bambini fanno solo un’ora alla settimana sotto la supervisione generale dei maestri, che di solito si traduce in qualche corsa libera e gioco con la palla. La sperimentazione, riservata ad alcune classi 4ᵃ e 5ᵃ, prevede l’incremento di un’ulteriore ora alla settimana, con la presenza a fianco del maestro di un tutor, un vero insegnante di educazione fisica.
Il problema, come spesso accade in Italia, sono le risorse: finanziato a fasi alterne da Coni, ministero dell’Istruzione e Presidenza del Consiglio, il progetto ha avuto un budget di circa una decina di milioni l’anno, con punte anche di 15 milioni nelle annate migliori. Per il 2018, però, le risorse sono drasticamente scese a 8 milioni, soprattutto per colpa del venir meno dell’appoggio del Miur, che ha stanziato solo 200mila euro. Un taglio forse “calcolato” per la possibilità di ricorrere ai fondi Pon, con cui la ministra Valeria Fedeli contava di rilanciare la sperimentazione. Ed in effetti lo scorso mese viale Trastevere ha pubblicato un secondo bando da 15 milioni, grazie a cui i finanziamenti complessivi hanno raggiunto il massimo storico: con questa cifra, in teoria, sarebbe stato possibile quasi triplicare il piano, e coprire quasi tutte le classi sul territorio nazionale. In realtà, buona parte di quei soldi se ne andrà in spese accessorie e evitabili, con l’assurdità di un costo delle attività dieci volte superiore al Sud che nel resto del Paese.
Il paradosso di quest’Italia a due corsie è dovuto proprio all’utilizzo dei fondi europei, riservati alle otto Regioni del Meridione (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia). Partendo dalla retribuzione del tutor: esattamente raddoppiata, da 15 a 30 euro, per svolgere la stessa mansione. Non basta, perché i fondi Pon sono vincolati ad una serie di paletti: uno di questi, ad esempio, è che le attività non possano avvenire durante l’orario curriculare, il che significa che oltre al tutor esterno (l’insegnante di educazione fisica), ne andrà pagato anche uno interno, in quanto la legge prevede la presenza obbligatoria di un maestro in classe. Siamo già a 60 euro l’ora. Poi ci sono i costi per le attività di gestione (chissà quali), anche questi fissi, 3,47 euro per studente (ce ne sono 20 per classe). Così un’ora del bando Pon può arrivare a costare fino a 130 euro, quando invece per il bando normale ne servono solo 15.
Il risultato è che l’impatto dei fondi Pon sarà lontanissimo dalle promesse del ministero: con queste cifre si dovrebbero aggiungere circa 6mila classi, alle 27.524 che avevano già aderito al bando 2017/2018; in netto calo rispetto all’anno scorso, quando le partecipanti erano state 58.594. Più soldi spesi, meno alunni coinvolti. Quanto agli effetti concreti del programma, sono difficilmente valutabili: l’iniziativa è lodevole, ma al di là di una generica soddisfazione (il 99,7% dei presidi ha detto di voler ripetere l’esperienza), non ci sono molte informazioni sulle attività effettivamente svolte e soprattutto sui miglioramenti dei bambini. L’unica cosa certa è che il progetto è servito a dare una mancia a migliaia di laureati in scienze motorie o diplomati Isef, una delle categorie più afflitte dal precariato (ce ne sono tantissimi in cerca di una cattedra o comunque di un posto fisso in giro per l’Italia: secondo l’ultima ricerca Almalaurea appena il 14% ha un lavoro a tempo indeterminato). Anche quest’anno col programma ne verranno impiegati 3-4mila: sottopagati (al massimo 6mila euro a testa per 420 ore; andrà un po’ meglio per quelli del Sud, come visto), con contratto da tecnici e non da insegnanti.
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