Malasanità, la Statale di Milano sospende il professore Lorenzo Drago coinvolto nello scandalo "Domino"

Ieri il Rettore dell’Università degli Studi di Milano, Gianluca Vago, ha sospeso con decreto il professor Lorenzo Drago, arrestato il giorno precedente e coinvolto nello scandalo della malasanità lombarda. Drago, 55 anni, microbiologo, è attualmente agli arresti domicialiri. Gli stessi che hanno raggiunto anche  Carlo Luca Romanò, 54 anni, direttore del Centro di chirurgia delle infezioni osteo-articolari al Galeazzi, l’imprenditore Tommaso Brenicci – alias Cicciobello nelle intercettazioni dei suoi complici -, l’unico attualmente in carcere. 
Nella mattinata sono finiti ai domiciliari per corruzione quattro primari (due dell’ospedale Galeazzi e due del Pini) e il direttore sanitario del Pini mentre un imprenditore è finito in carcere. E’ indagato anche l’ex sottosegretario alla Regione Lombardia durante la giunta Maroni, il magistrato in pensione Gustavo Cioppa, che al Pirellone esercitava un ruolo di garante alla legalità. Per lui (che è stato anche procuratore della Repubblica di Pavia), i procuratori aggiunti Maria Letizia Mannella ed Eugenio Fusco e il nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza ipotizzano le accuse di abuso d’ufficio e favoreggiamento.
Brenicci è titolare di una ditta specializzata nel settore delle apparecchiature sanitarie, la Eon medica srl di Monza, i medici, invece, sono agli arresti domiciliari, mentre il magistrato è indagato. L’inchiesta nasce dall’indagine che lo scorso anno ha portato in carcere il primario del Pini, Norberto Confalonieri, recentemente rinviato a giudizio. Tra gli arrestati c’è anche Paola Navone, direttore sanitario dell’Istituto ortopedico Gaetano Pini-Cto, fiore all’occhiello della sanità milanese. Sempre al Pini è finito Giorgio Maria Calori, primario di ortopedia, unità chirurgia ricostruttiva – revisione protesica e Carmine Cucciniello, direttore del dipartimento di ortopedia. Gli arrestati del Galeazzi, invece, sono Lorenzo Drago, direttore laboratorio analisi e Carlo Luca Romanò, responsabile del centro di chirurgia ricostruttiva. In merito all’inchiesta, l’ospedale Galeazzi dichiara “la propria estraneità alla vicenda ed esprime piena fiducia nella magistratura”. 
Il meccanismo corruttivo
 Secondo la ricostruzione degli investigatori, l’imprenditore e i due primari del Galeazzi erano insieme soci di una società che aveva il brevetto di una sorta di medical detector, un macchinario per l’individuazione delle infezioni ossee. I due dirigenti medici lo hanno introdotto al Galeazzi. E successivamente, tramite il primario di Ortopedia del Pini, Giorgio Maria Calori, che era socio di Brennici in altre società, anche di diritto estero, è stato introdotto anche al Pini. I medici si prodigavano anche in studi scientifici e pubblicazioni in cui si esaltavano le qualità del macchinario. Un conflitto di interessi che ha portato oggi agli arresti. 
“Il Pini è l’ospedale più facile del mondo! (…) perché non ci sono gare, se sei amico di un chirurgo usi i prodotti che vuole, cioè è tutto libero, tutto libero!”: secondo l’ordinanza d’arresto, si esprimeva così l’imprenditore Brenicci al telefono senza sapere di essere intercettato parlando della “scarsa trasparenza e legalità nelle pubbliche forniture dell’Istituto Ortopedico Cto-Pini” di Milano.  “La Vuitton non ti piace? (…) Stefi è possibile che me lo regalino (…) e allora c…. non mi rompere i co…..!”. Così il chirurgo Calori si rivolgeva alla moglie che lo rimproverava per una borsa di lusso che le aveva regalato “evidenziando la necessità di essere parchi e limitare le proprie spese voluttuarie”. Emerge dall’ordinanza d’arresto e da un’intercettazione nella quale il medico faceva, però, capire alla consorte “come si trattasse di un regalo ricevuto” da lui da altre persone. 
La promessa di uno stage per la figlia in una delle società dell’imprenditore Brenicci, un cesto di Natale da 1000 euro e il pagamento spese per un congresso a Parigi e uno in Alto Adige. Sono le ‘utilità’, come scrive il gip nell’ordinanza, percepite da Paola Navone, direttore sanitario del Cto-Pini per introdurre all’Istituto ortopedico il dispositivo per la diagnosi di infezioni articolari commercializzato dallo stesso imprenditore. Il direttore sanitario del Pini era tra i firmatari del ‘Piano triennale per la prevenzione della corruzione e dell’illegalità 2016-2018’. Il 27 marzo, dopo il rinvio a giudizio di Confalonieri, la dirigente interveniva alla trasmissione televisiva ‘Porta a Porta’ e assicurava: “Il Piano anticorruzione verrà attuato al Pini al più presto”. “Abbiamo fornito alle autorità che ce l’hanno chiesta – aveva aggiunto l’ex responsabile del Noc (Nucleo operativo di controllo della Asl di Milano) – la lista di tutte le attività sugli impianti protesici, che fanno parte di un flusso di dati che è controllato”.
Infine, scrive il gip De Pascale, per aumentare il bacino di utenza dei pazienti e potenziare l’uso del dispositivo al Cto-Pini, Navone e Calori si sarebbero rivolti all’ex magistrato Cioppa affinché intercedesse presso l’assessore al Welfare Giulio Gallera e il direttore generale del settore per ottenere dal Pirellone l’approvazione del ‘Progetto Domino’ che nel marzo 2017 accreditava il reparto diretto dallo stesso Calori come punto di riferimento regionale per il trattamento delle infezioni articolari. Per questo Calori avrebbe ricevuto, dall’imprenditore, oltre a una borsa di Vuitton per la figlia, il pagamento delle spese sostenute per partecipare a convegni, per una intervista televisiva in Rai, un contratto di consulenza come ‘opinion leader’ per una società tedesca e anche 30mila euro, come prestito infruttifero, per sostenere parte delle spese per aver acceso un mutuo per un importo di 1 milione e 350 mila euro.
La denuncia di un anonimo
 “All’interno dell’azienda Pini-Cto  vengono spartiti soldi pubblici in modo clientelare, che  dovrebbero servire invece per il bene della popolazione (…) le  ditte fornitrici sono sempre le stesse ed i regali per alcuni  primari e la direttrice sanitaria sono sempre più costosi”. A mettere nero su bianco queste accuse è stato un anonimo che nel febbraio 2017 ha presentato un esposto  “contenente accuse di clientelismo” all’interno dell’ospedale. Denuncia che è finita agli atti dell’inchiesta che ha portato all’arresto di sei persone, tra cui la direttrice sanitaria del Gaetano Pini Paola Navone. Quest’ultima si è detta «dispiaciuta» e «sorpresa» per essere finita ai domiciliari. Non solo respinge le accuse, ma ha precisato di aver notato delle «anomalie» dopo la sua nomina. «Ho cercato di introdurre regole o protocolli di legalità per mettere ordine nell’acquisito di protesi o presidi medici. Lo stavo facendo da due anni e non senza difficoltà. Evidentemente davo fastidio», ha dichiarato Navone, come riportato da Il Giorno. Ma secondo i giudici è lei ad aver tenuto un comportamento anomalo all’indomani dell’arresto del collega del Cto-Pini Norberto Confalonieri. «Una volta venuta a conoscenza dell’esposto contro Confalonieri -scrive il giudice nell’ordine di arresto – Paola Navone si è immediatamente adoperata per occultare le sue pregresse condotte illecite».

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  1. Si ma “il macchinario” per individuare le infezioni ossee, che fine ha fatto? Se realmente efficiente sarebbe fondamentale x chi, come me,potrebbe avere un’infezione delle protesi….

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