Un milione e mezzo di diplomati e laureati in Italia svolgono un lavoro inadeguato rispetto al titolo di studio. Una spada di Damocle sul futuro dei giovani. La ricerca di un lavoro è ancora lasciata alla sola iniziativa privata: solo il 4,7 per cento dei laureati ha trovato lavoro grazie ai centri per l’impiego. E per i liceali diplomati che non hanno una laurea va anche peggio. Questa l’impietosa fotografia del Censis riguardo i giovani.
Il voto ottenuto all’esame di licenza media, rivela lo studio, è ancora un passo importante per gli studenti e spesso in quel frangente si decide il futuro di ognuno di loro. Quasi quattro giovani diplomati e laureati su dieci, dai 15 ai 34 anni, svolge un lavoro inadeguato rispetto il proprio titolo di studio: sono un esercito di un milione e mezzo di ragazzi. Nel 2017 i forzati del demansionamento sono stati il 41,2 per cento dei diplomati e il 32,4 per cento dei laureati. La metà (il 50,1 per cento) dei 15-34enni occupati che si sono diplomati al liceo svolge un lavoro inadeguato rispetto al titolo di studio posseduto, così come il 37,3 per cento dei maturati presso gli istituti tecnici, il 40,8 per cento se si considerano gli istituti professionali, il 41,3 dei giovani con qualifica professionale triennale. I più recriminanti, si può vedere, sono i liceali diplomati che non hanno proseguito gli studi all’università: uno su due fa un lavoro non all’altezza del titolo di studio conseguito.
La ricerca dell’agognata occupazione, poi, è ancora un esercizio affidato prevalentemente alle relazioni personali e in cui contano poco le istituzioni, come i centri per l’impiego. Tra i laureati che nel 2011 hanno trovato lavoro, solo il 4,7 per cento è passato per un centro per l’impiego. Per il 32,8 per cento hanno funzionato gli annunci e l’invio del curriculum, il 24,3 per cento ha potuto contare su amici e conoscenti, per l’11 il merito va a stage e tirocini, per il 9,8 alle segnalazioni dell’università, il 9,9 ha scelto di avviare un’attività autonoma, il 7,6 ha vinto un concorso pubblico.
La scala mobile della scuola si è fermata. Se in Italia difficilmente si risale da basse performance scolastiche, altrettanto difficilmente si sale nella scala sociale rispetto alla famiglia d’origine. Di fatto, il percorso scolastico conferma le disuguaglianze più che combatterle. “Da questa trappola per i giovani”, come la chiama il Censis, “bisogna uscire”. Ma il come sembra ancora arduo da capire o perseguire.
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