Due laureati su tre trovano lavoro. Ma Italia ancora ultima in Europa

I giovani laureati, nella fascia di riferimento 25-34 anni, nel 2017 erano occupati nel 66,2 per cento dei casi. Una crescita, rispetto a tre anni prima, di 4,3 punti percentuali. Ma pur rimanendo l’Italia ad una distanza di venti punti dalla media dei Paesi industrializzati (Ocse), piazzandosi all’ultimo posto. Questo questo riscontrato dall’ultimo rapporto biennale Anvur (Agenzia di valutazione della ricerca universitaria) pubblicato qualche giorno fa.  Insomma, pur con i piccoli miglioramenti “il mercato del lavoro rimane difficile, anche se la performance dei laureati è andata migliorando negli ultimi anni”, scrivono gli autori.
Come in diverse occasioni ha segnalato Almalaurea, che tuttavia, indica per i laureati italiani un tasso di occupazione più alto, la laurea consente rispetto al diploma un approdo al mondo del lavoro più rapido e anche soddisfacente. L’Anvur, invece, indica un tasso di occupazione a favore dei primi – laureati su diplomati – solo di poco più di due punti (66,2 per cento contro 64, peraltro stabile). Il tasso di disoccupazione dei laureati, invece, è sceso dal picco del 2014 (17,7 per cento) al 13,7 per cento del 2017, livello inferiore di due punti percentuali a quello dei giovani diplomati.
L’Agenzia universitaria ricorda che ancora nel 2010 – il solco più profondo dell’ultima crisi – i diplomati avevano tre punti di vantaggio sui laureati in termini di “non occupazione”, un’anomalia tutta nostra. Solo nel 2016 su questo indicatore c’è stato il sorpasso: anche in Italia avere una laurea ha iniziato a consentire di entrare prima (e meglio) nel mercato del lavoro. Ma il Bel Paese rimane ostile ai giovani: mano a mano che cresce l’età, il divario dell’occupazione si accorcia sensibilmente.
I numeri migliorano anche nelle università del Sud, pur restando ancora a livelli di pericolo. Il tasso di occupazione dei 24-35enni laureati è salito dal 41 per cento del 2014 al 47,2 per cento del 2017 mentre il tasso di disoccupazione è sceso dal 33,6 al 26,5.  Su un piano disciplinare, l’inserimento nel mercato del lavoro dopo il conseguimento del titolo è più facile nei gruppi Medico, Scientifico e di Ingegneria per i laureati di primo livello (triennali) e nei gruppi Ingegneria, Chimico-farmaceutico e Medico per i laureati di secondo livello (magistrali).
Meno abbandoni e più regolaritù negli studi: i fuori corso sono diminuiti. La percentuale di chi lascia tra il primo e il secondo anno, snodo cruciale nella carriera degli studenti, in quattro anni è scesa da quasi il 15 per cento a poco più del 12 degli immatricolati nel 2016/’17, questo per i corsi triennali. Dal 9,6 per cento al 7,5 per il ciclo unico. La riduzione degli abbandoni è particolarmente accentuata tra i diplomati provenienti da istituti tecnici o professionali, ma i valori che si registrano per queste categorie di studenti restano ancora elevati. La quota di studenti che si laurea a distanza di tre anni dall’iscrizione a un corso triennale (quindi, i “laureati regolari”) è aumentata in quattro anni di sei punti raggiungendo il 31 per cento per chi si è immatricolato nel 2013/14. Uno su tre, ecco, si laurea in tempo. Anvur sostiene inoltre che i 12,1 punti percentuali di distanza di giovani laureati dalla media europea sia “quasi interamente attribuibile alla formazione terziaria a carattere professionale, che nel nostro Paese ha ancora una dimensione trascurabile, e ai cicli universitari brevi”.
 

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