Era stato il ministro Marco Bussetti a dire che così com’era stata concepita dalla legge 107 (la cosiddetta Buona Scuola varata dal governo Renzi) l’alternanza rischiava di pesare troppo sull’esame di Maturità. Dimezzate le ore nel licei (da 200 a 90), più che dimezzate negli istituti tecnici (da 400 a 150), il ministro ha anche stabilito che il raggiungimento del monte orario minimo non sarebbe più stato considerato necessario per essere ammessi all’esame. Anche se poi, all’orale, qualche domanda la commissione poteva pur fartela. A scanso di equivoci il ministro ne aveva cambiato anche il nome: non più la secca «alternanza scuola-lavoro» ma un più vago “percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento”.
Ora si scopre invece che questi stessi “eventuali percorsi” magari peseranno poco all’esame ma entreranno niente meno che nella valutazione complessiva dello studente al momento del calcolo dei crediti scolastici. In base al nuovo regolamento sugli esami di Stato, fatto 100 il punteggio massimo che uno studente può raggiungere, dalle due prove scritte e dall’orale possono arrivare fino a 60 punti mentre gli altri 40 provengono dal tesoretto accumulato nel triennio, vale a dire dalla media dei voti ottenuti dallo studente nelle varie materie in terza quarta e quinta superiore. Come si legge nell’ordinanza ministeriale numero 205 dello scorso 11 marzo, “gli eventuali percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento, previsti dal d.lgs. 15 aprile 2005, n. 77, e così ridenominati dall’art. 1, co. 784, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, concorrono alla valutazione delle discipline alle quali tali percorsi afferiscono e a quella del comportamento, e contribuiscono alla definizione del credito scolastico”.
Ma questo cosa significa? Prima di tutto che il consiglio di classe, in sede di scrutinio finale, al momento di decidere l’attribuzione del punteggio per il credito maturato nel triennio dovrà tener conto anche delle esperienze di alternanza scuola-lavoro (chiamiamole così per semplicità). Ma bista la rigidità delle tabelle di conversione (media del 6 uguale 27 crediti, media fra il 9 e il 10 è uguale a 40 crediti), non è ben chiaro come potranno i consigli di classe valutare in modo equo gli alunni sulla base di esperienze diverse fra loro, fatte talvolta su impulso della scuola o su iniziativa del singolo. Vi è il rischio, più che concreto, di contestazioni e ricorsi al Tar. Insomma, all’orizzonte si prefissa una maurità molto chiacchierata.
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