Test Invalsi, Piemonte al top alle elementari poi arretra alle superiori rispetto a Lombardia e Veneto

Si registrano progressi in italiano e matematica ma il confronto con altre regioni del Nord è spesso desolante: anche 10 punti di differenza
Nei giorni scorsi l’Invalsi ha presentato i risultati dei nostri studenti in Italiano, Matematica e Inglese. Uno spaccato completo della nostra scuola: alle prove del secondo, quinto, ottavo e decimo anno si aggiungono anche quelle in esito al 13esimo anno di scuola, l’anno della maturità. In premessa vale la pena notare che molte delle polemiche degli scorsi anni sono acqua passata, tanto che la partecipazione volontaria degli studenti delle scuole superiori alle prove è giunta al 96 per cento. Anche i dati sono molto più affidabili da quando tutte le prove, al di sopra della scuola elementare, sono raccolte online e il fenomeno degli «aiuti» si è quasi del tutto ridimensionato.
Il sistema informa le famiglie e gli insegnanti (a cui giungono informazioni dettagliate) su ciò che ciascuno studente sa fare e soprattutto su ciò che deve ancora imparare a fare. Dal 23 luglio gli studenti e le famiglie potranno accedere direttamente al sito e vedere i loro risultati. Il sistema scolastico, anche quello piemontese, è in miglioramento. Invalsi certifica che, rispetto allo scorso anno, registriamo progressi in seconda superiore in italiano e Matematica superiori al 2%, e in Inglese, nell’ascolto, in quinta elementare oltre 5 punti in percentuale.
In generale i nostri studenti sono nella parte alta della classifica, sopra la media nazionale. Così come nelle prove «Pisa» siamo nella media Ue. La differenza più forte è con il Sud. Se pensiamo al futuro del nostro territorio, tuttavia è più importante confrontarci con le altre regioni del Nord, più simili alla nostra. Come ci sono molti Sud, l’Invalsi evidenzia che ci sono molti Nord. Si va dal primato del Trentino e del Friuli, a performance molto buone di Veneto, Emilia Romagna e Lombardia. La nostra regione è quasi sempre un po’ indietro, soprattutto nelle prove della terza media e della seconda superiore.
La fotografia dell’Invalsi ci restituisce un’immagine del Piemonte molto buona nei primi anni di scuola: in seconda e in quinta elementare il Piemonte è in testa alle regioni del Nord, a conferma di un buon sistema di scuola primaria, ma anche nei nidi e nelle materne. Negli anni successivi soprattutto in matematica e in inglese la situazione, nel confronto con Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, è invece sempre negativa, talvolta anche con oltre 10 punti di differenza. Ciò che però più colpisce non sono tanto le differenze legate alle medie dei punteggi. Dietro alle medie si nascondono differenze rilevanti di quanti studenti sono sotto la soglia adeguata al possesso delle conoscenze e delle competenze indicate come minime per quel grado di scuola dalle Indicazioni Nazionali del ministero dell’Istruzione: quasi un alunno su quattro in seconda superiore in italiano (in Lombardia il 18%, in Veneto il 17%), il 28 per cento in matematica (in Lombardia il 23 %, in Veneto il 17%).
Per la lingua inglese, in particolare nella prova più difficile, l’ascolto, la situazione è ancora peggiore, in quinta elementare il 15 per cento non raggiunge la certificazione A1 (in Lombardia il 12% in Veneto come da noi il 15%), in terza media la differenza aumenta, il 35 % degli studenti non raggiunge il livello A2 previsto dalle Indicazioni Nazionali, mentre in Lombardia e in Veneto coloro che non raggiungono la certificazione sono rispettivamente il 28 e il 27 per cento; in quinta superiore il 57 per cento degli alunni in Piemonte non raggiunge la certificazione B2 oltre la metà degli alunni, a fronte del 47 per cento dei nostri vicini lombardi. Al di là delle medie nel punteggio, il sottogruppo delle nostre eccellenze è meno consistente e i cosiddetti low performers sono più radicati.
Un secondo tema interessante evidenziato dall’Invalsi è quanto della variabilità dei risultati è dovuta a differenze tra le scuole, fra le classi o fra gli alunni della stessa classe. Mentre quest’ultima è probabilmente legata a differenze reali tra i ragazzi, le altre due sono un indicatore dell’equità del sistema educativo. Meno che nel resto del Paese, anche nel Nord Ovest (oggi non è ancora disponibile il dato per il solo Piemonte) la variabilità dei risultati è significativa. In quinta elementare quasi un bambino su cinque per la matematica, e un bambino su quattro per l’ascolto in lingua inglese vede la sua performance più legata alla particolare classe o scuola in cui ha avuto la possibilità di frequentare che non a una variabilità legata alle naturali differenze con i compagni di classe. Tanti anni fa, quando al liceo seppi che ero stato collocato nella sezione E (allora l’ultima di quella scuola), mia madre mi spiegò che probabilmente avrei avuto insegnanti nuovi, meno bravi. Oggi la differenza è talvolta già presente nelle scuole elementari, un fenomeno acuito dalla libertà di scelta delle famiglie. Un disequilibrio nella ripartizione degli studenti, legato alla tendenza di quelli più capaci e favoriti economicamente e culturalmente a concentrarsi in alcune scuole dotate di maggiore «reputazione». Ne consegue che l’attenzione non va soltanto posta al miglioramento del sistema ma che sarebbe interessante lavorare sulle differenze, prima di tutto sulle scuole dove ci sono più difficoltà, dove si concentrano i ragazzi provenienti da famiglie con più bassi livelli di scolarità. Ma anche, soprattutto per le discipline scientifiche e per le lingue straniere sarebbe utile maggiore attenzione a rafforzare la preparazione dei nostri studenti che dimostrano di superare di poco la soglia della sufficienza, che si allarghi la quota di quanti si possono confrontare con le eccellenze delle scuole migliori del nostro Paese, delle altre regioni del Nord.
Diventa sempre più rilevante la capacità di programmare il sistema educativo tenendo conto delle molte sue differenze interne, ricordando che assegnare risorse uguali a scuole disuguali, come ci ricordava Don Milani, è ingiusto oltre che poco efficace per le politiche di sviluppo di cui la nostra regione ha molto bisogno. Una bella sfida se andremo verso l’autonomia differenziata delle regioni anche per il sistema educativo.
corriere.it

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