Il talento si coltiva sui banchi di scuola

L’istruzione resta un elemento fondamentale per il riscatto sociale e per il futuro di bambine e bambini. E i dati lo dimostrano. Secondo l’Istat, infatti, le persone in povertà assoluta che hanno almeno un diploma o oltre rappresentano il 3,8% della popolazione, percentuale che sale al 10% per chi ha la sola licenza di scuola media. Non è vero che anche se si studia si resta ugualmente disoccupati: il tasso di disoccupazione tra le persone in età lavorativa è del 18% per chi è privo di titolo e del 6% per i laureati.
“Il problema è che il sistema scuola non è ancora in grado di offrire a tutti le stesse opportunità, indipendentemente dalla condizione socio-economica di provenienza. Come rivelano i dati Ocse, se il 23% dei quindicenni ha un livello di conoscenze matematiche che non gli permette di essere cittadino a pieno titolo, questa percentuale sale al 36% nelle famiglie povere e, essendo un Paese molto diseguale, al 34% nel Mezzogiorno; inoltre, soltanto il 9% dei giovani italiani con genitori che non hanno completato le superiori ottiene un diploma universitario, contro il 70% di coloro che hanno genitori laureati. La scuola, in altre parole, non riesce a redistribuire le opportunità”, spiega Luca Fanelli, project manager di Openspace.
Per questo nasce “OpenSPACE: Spazi di Partecipazione Attiva della Comunità Educante”, un progetto realizzato da ActionAid con 12 scuole in 4 città italiane (Bari, Milano, Palermo e Reggio Calabria) e con i partner del terzo settore Fondazione Mondo Digitale, Junior Achievements, FEDERGAT, Mario Cucinella Architect, Fondazione Albero della Vita, Fondazione Giovanni Paolo II, Bayty Batyk, ARTETECA, Cittadinanzattiva; il progetto è stato selezionato dall’Impresa Sociale Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto alla povertà educativa. OpenSpace è iniziato lo scorso anno e le 13 attività che lo caratterizzano stanno già portando molti frutti, raccontati costantemente sul blog del progetto.
“Un filo rosso che può sintetizzare bene la grande diversità di attività svolte è quello dell’orientamento, inteso in senso ampio e trasversale”, afferma Fanelli. In che modo? Un primo piano è quello dell’emersione di passioni e talenti, che ad esempio accade nei coinvolgenti laboratori proposti da FMD nelle palestre dell’innovazione digitale, un luogo fisico e virtuale con strumenti innovativi e tecnologici come stampante 3D, lasercut, software di programmazione e coding, di robotica e di videomaking; qui le ragazze e i ragazzi che non amano scrivere, scoprono che si può usare la lingua creando un cartone animato e quelli che odiano far di calcolo usano la matematica nel linguaggio di programmazione Scratch.
Un secondo piano è quello della riflessione su sé stessi e sulle proprie aspirazioni, per motivarsi e svilupparle. É ciò che accade nei laboratori di teatro sociale, curati da FEDERGAT che hanno come tema trasversale il lavoro e, per i più grandi, il percorso ‘E tu di che talento sei?’, implementato da ActionAid, nel quale si ragiona sul proprio percorso di vita e di studio, sui propri sogni e i propri progetti e su come metterli in atto; ma anche, per altro verso, nell’attività in cui le studentesse e gli studenti immaginano e disegnano come vorrebbero la propria scuola da un punto di vista architettonico, per poi vedere realizzata una parte di ciò che avevano immaginato e capire, per una volta, che tutto è possibile.
Una consapevolezza così importante per chi vive nei quartieri dove opera il progetto, periferie più o meno degradate e difficili in termini di mancanza di servizi, ma sulle quali pesa una stessa forte percezione, sentita dai genitori e passata ai figli, che non è possibile cambiare nulla in meglio.
Proprio per questo la scuola, spesso unico presidio in territori difficili, diventa un catalizzatore di opportunità e un moltiplicatore di aspirazioni anche per i genitori. Quasi tutte le attività del progetto OpenSpace prevedono il loro coinvolgimento: i laboratori nelle palestre dell’innovazione a loro rivolti, le azioni di teatro sociale, i laboratori con gli insegnanti su sicurezza in rete, benesse, educazione finanziaria. Ecco il terzo piano dell’orientamento: se genitori (e insegnanti) non entrano nella lunghezza d’onda delle vere aspirazioni degli adolescenti, se non credono davvero in loro, difficilmente questi potranno sviluppare tutte le proprie potenzialità.
Non mancano nel progetto azioni di orientamento in senso più tradizionale, ma non per questo meno importanti, come gli sportelli di orientamento, realizzati dalla Fondazione Giovanni Paolo II, per ora solo a Bari o le attività con le ragazze e i ragazzi che hanno abbandonato la scuola e che, nell’attività ‘Tifa per te!’ sono aiutati nello scoprire le opportunità di formazione offerte dalla propria città e attivarsi per coglierle.
“Credo davvero che l’orientamento, inteso in queste quattro dimensioni (emersione delle capacità nascoste, riflessione sulle proprie aspirazioni e motivazione, coinvolgimento dei genitori e degli insegnanti e aiuto nella scelta consapevole in materia di istruzione e formazione) possa essere uno strumento potente per redistribuire le opportunità, permettendo anche agli adolescenti provenienti da famiglie in situazioni difficili o territori deprivati, di poter rompere il circolo vizioso della trasmissione intergenerazionale della povertà”, conclude Fanelli.
larepubblica

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