Officine Fiore, il cantiere fantasma dell'università mai nata

Alle spalle di quel cancello verde piazzato a due passi dal mare c’è lo scheletro di un palazzo di tre piani. Un cantiere fantasma nel quale non entra nessuno da quasi dieci anni. Da quando il sogno di quel nuovo polo universitario da costruire nell’area di confine tra Portici ed Ercolano è svanito, trasformandosi in un altro rimpianto di cemento armato. Doveva essere un’opera maestosa, il simbolo del riscatto di un’area mortificata dalla desertificazione industriale della fascia costiera vesuviana. Un’occasione per dare respiro anche al commercio, per attirare imprenditori di primo piano. E invece, a dodici anni esatti dall’avvio dei lavori negli spazi delle ex Officine Fiore, la nuova casa della facoltà di Agraria dell’Università Federico II di Napoli resta un pallidissimo miraggio.
Siamo nel 2008 e l’allora ministro Luigi Nicolais annuncia, in pompa magna, che l’opera sarà conclusa e consegnata nel giro di ventotto mesi. Il progetto è ambizioso. Dalla rinascita della periferia passando per il risanamento degli edifici della zona, concludendo con la bonifica totale degli ex capannoni industriali. Un appalto dal valore complessivo che si aggira attorno ai quaranta milioni di euro. Il polo universitario si estende su una superficie pari a circa 21.600 metri quadrati, distribuita su tre livelli. Qui avrebbero dovuto trovare spazio aule per la formazione, laboratori di ricerca, aule studio, biblioteca. Una struttura la cui realizzazione, nelle idee, sarebbe servita anche a liberare il piano nobile del Palazzo Reale di Portici, oggi succursale dell’Ateneo e centrale della facoltà di Agraria. Tante belle intenzioni e parole che però non si sono mai trasformate in realtà.
Lo stop ai lavori arriva nel 2010. L’appalto, infatti, era finito nelle mani di una ditta sull’orlo del fallimento, peraltro proprietaria dell’area. La Firema, il colosso imprenditoriale che con grande impegno ha contribuito in tempi brevissimi all’edificazione dello stabile, è stata travolta nel giro di alcuni mesi da un crac enorme: un buco da diverse centinaia di milioni di euro. Il cantiere chiude. Da quel momento il destino del nuovo polo universitario è stato scandito da una marea di ostacoli, intoppi, promesse non mantenute. Per completare l’opera e realizzare quel sogno sepolto sotto un mare di cemento servono tanti soldi, troppi. In tutto trenta milioni di euro, forse anche più per mettere in sicurezza il cantiere abbandonato. Lo Stato non li ha e nemmeno l’Università.
In questi anni il Comune di Ercolano ha provato a farsi portavoce, assieme ai sindacati, di una serie di trattative per provare a completare l’opera. Dall’ipotesi di cedere la struttura alle banche creditrici fino alla caccia a investitori privati. Tentativi resi vani, però, dai costi eccessivi dei lavori e dalle condizioni del cantiere, nel frattempo finito anche nel mirino di ladri e vandali. Una vicenda spinosa. E anche se il Comune di fatto non ha poteri concreti, quel cantiere fantasma rappresenta una ferita aperta sul volto della città. Al punto che proprio in questi giorni il sindaco Ciro Buonajuto, ha portato la questione all’attenzione dell’attuale ministro dell’Istruzione, Gaetano Manfredi, già rettore dell’università Federico II. Un tentativo disperato per provare a far ripartire i lavori. «Fino a poche settimane fa sottolinea Buonajuto – sono stato in contatto con Manfredi per provare ad accelerare i tempi per trovare una soluzione e terminare i lavori, in modo da aprire finalmente le porte a questo polo universitario da anni abbandonato. Questa struttura potrebbe essere strategica per tutta l’area vesuviana. Mi auguro che ora Manfredi, da ministro, possa inserire la fine di quest’opera tra le sue priorità».
ilmattino

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