Statale di Milano non più a numero chiuso. Gli studenti: "Una vittoria"

La Statale di Milano dice addio al numero chiuso. A deciderlo è il Tar del Lazio, ad un anno dalla polemica che infiammò l’ateneo di via Festa del Perdono, con una sentenza che prende atto delle mutate condizioni e della carenza di interesse da parte di entrambi i duellanti ad andare fino in fondo nella battaglia legale. Sì, perché nel frattempo una modifica normativa ha reso meno stringenti i vincoli legati all’apertura di nuovi corsi e di conseguenza superflua la riduzione degli iscritti negli altri indirizzi già attivi.
Il ricorso, presentato il 1° agosto 2017 dall’Unione degli universitari (Udu) contro la deliberazione del Senato accademico che aveva varato l’accesso limitato alle facoltà umanistiche, sembra aver raggiunto il suo scopo. Almeno per il momento. La questione è abbastanza intricata, e no è da escludere che possa tornare d’attualità quando ci sarà da scegliere il successore del rettore Gianluca Vago, nelle prossime settimane. Anche perché di recente il Dipartimento di Lingue ha rivotato l’introduzione del numero chiuso. 
Nel maggio 2017, il Senato accademico dispone l’accesso a numero programmato per le seguenti facoltà: 530 posti per Filosofia, 550 per Lettere, 500 per Scienze dei Beni culturali, 230 per Scienze umane dell’ambiente, del territorio e del paesaggio e 480 per la Storia. Una decisione contestatissima, preceduta dalle proteste degli studenti (con presidi e blitz durante il voto) e da una petizione sottoscritta da numerosi docenti contrari. Una decisione giustificata così dal Rettore, Gianluca Vago: l’ateneo sfora il rapporto docenti/studenti dettato dal Miur con il decreto numero 987; e il mancato rispetto di quel parametro impedisce l’apertura di nuovi corsi. Il 30 agosto 2017, il Tar del Lazio sospende in via cautelare il provvedimento, accogliendo la richiesta dei legali dell’Udu. La Statale si adegua immediatamente e ripristina le immatricolazioni per l’anno 2017-2018, anteponendo, “rispetto a ogni altra circostanza, il proprio dovere istituzionale nel garantire il corretto avvio delle lezioni”.
L’ateneo rinuncia al ricorso in Consiglio di Stato, “rimandando – la nota – al giudizio di merito la difesa delle proprie posizioni”. Poi le cose cambiano. Il decreto numero 935 firmato il 29 novembre 2017 dal ministro Valeria Fedeli introduce in corsa “una maggiore flessibilità rispetto ai parametri numerici richiesti per la docenza”. Conseguenza: l’ateneo di via Festa del Perdono, sebbene “carente sotto il profilo dei requisiti di docenza”, potrà comunque attivare nuovi corsi pari al 2% di quelli in regola (verosimilmente 3) senza ridurre il numero di studenti delle facoltà umanistiche. Conclusione: “La novità introdotta dal Ministero induce a un ripensamento dei criteri che avevano a suo tempo giustificato il provvedimento del Senato accademico, comportando l’attuale disinteresse dell’ateneo a coltivare ulteriormente il contenzioso”. Gli studenti per il momento possono dormire sonni tranquilli. 

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