La Maturità di Marco Baldini

marco_baldini.jpgUn altro studente d’eccezione ci racconta la sua Maturità in attesa del fatidico 18 giugno, giorno d’inizio dell’esame.
La passione per la radio è nata tra i banchi di scuola. Perché i professori li imitava tutti e piuttosto che farlo solo per i compagni, le sue performance le proponeva anche ai microfoni di una piccola emittente locale. Marco Baldini, celebre spalla di Fiorello nel programma VivaRadioDue e famoso per la sua passione per il poker (“La mattina ha l’oro in bocca” è il film uscito quest’anno sulla sua biografia), ha un bel ricordo del periodo della scuola. E con qualche stratagemma se l’è cavata anche nella prova finale.
Marco, cosa ricordi del tuo esame di Maturità?
Ho usato un po’ di trucchi e mi è andata bene! Innanzitutto sono stato fortunato perché quando hanno estratto a sorte la lettera da cui iniziare ad interrogare è uscita la ‘C’. Così ho potuto seguire tutte le interrogazioni, fondamentale per capire le fisse dei prof: si sa, ogni prof ha una fissa! E poi dal terzo anno avevo deciso di portare italiano come prima materia, quindi mi ero preparato bene.
Che tipo di studente eri?
Assolutamente “fancazzista”. Il professore di diritto, una volta che mi vide in classe, mi disse: “Baldini, pensavo che lei fosse un’entità astratta!”. In effetti facevo molte assenze, però mi salvavo con qualche furbata. Quando c’ero prendevo appunti e alle interrogazioni dicevo proprio quello che i prof volevano sentirsi dire, in fondo sono tutti un po’ narcisisti, quindi basta ripetere le loro parole!
Che scuola hai frequentato?
Ragioneria a Firenze. Il mio papà voleva che lavorassi in banca, io l’ho accontentato ma figuriamoci se io avrei mai potuto lavorare in banca, mi sembra oggi come allora un’assurdità!
Non ti piaceva studiare?
Alcune materie mi appassionavano, come l’italiano e la storia. Poi ero affascinato dalla matematica, tutti quei numeri… mi sembrava un gioco.
E il giorno dell’esame com’è andata?
L’ho presa con filosofia, in fondo già essere ammesso era un bel risultato. Poi credo che erano più difficili le singole interrogazioni dell’esame. I commissari esterni non ti conoscevano, quindi non potevano avere certi pregiudizi. E io con il mio modo di fare me la sono cavata: quando mi chiesero il significato di onomatopeico feci il verso del cavallo e scoppiarono tutti a ridere.

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