Assessment center, il colloquio inatteso

colloquio.jpgInaspettato. Improvviso. Inevitabile. Sintetico ritratto di un amore turbolento con cui tutti, prima o poi, siamo chiamati a fare i conti. San Valentino a parte, i problemi di cuore questa volta non c’entrano. È il colloquio di lavoro il nuovo batticuore dei giovani alla ricerca di un impiego.
Il primo appuntamento a tu per tu con un serioso selezionatore che spesso sembra scrutare, più che intervistare, il candidato di turno. Ansie, timori, dubbi. Tutto in pochi secondi, in un serrato scambio di battute che possono fare la differenza.
Ma i tempi cambiano. E gli incontri a due, pure. Così, dopo la fatidica telefonata di convocazione, può capitare di ritrovarsi “esaminati” in gruppi di otto – dieci individui. Alcuni potenziali colleghi. Tutti potenziali concorrenti. Niente di anomalo per le aziende, “solo” un assessment center, ovvero la valutazione globale e differenziale di un profilo, messa in atto sempre più spesso dalle aziende di medio-grandi dimensioni come strategia di recruiting.
Nato come Assessment Program of the Office of Strategic Service per il reclutamento e l’orientamento degli agenti segreti durante la Seconda Guerra mondiale, oggi l’A.C. è utilizzato indistintamente come strumento di selezione interna ed esterna del personale. Il segreto del suo successo è la possibilità di valutare processualmente il candidato, attraverso prove individuali e collettive distribuite in una o più giornate che permettono di cogliere aspetti personali e comportamentali, oltre che competenze professionali.
Quattro le principali aree osservate dagli assessors, i valutatori. Si parte dall’analisi dei rapporti con la variabilità, ossia il grado di motivazione e di adattamento ai cambiamenti, proseguendo con l’esame dell’area intellettuale per testare flessibilità e problem solving, e di quella manageriale.
Di fondamentale importanza l’analisi dell’area relazionale che intende valutare il grado di interazione ed integrazione con i collaboratori, la gestione della leadership e delle situazioni di influenza. Secondo il modello comportamentista, gli assessors vengono scelti tra i capi o i direttori dell’azienda di due o più livelli superiori ai partecipanti. Nello schema personalistico, invece, è netta la separazione tra osservazione tecnica e valutazione della personalità, quest’ultima affidata esclusivamente a consulenti del lavoro e psicologi. Il coinvolgimento di figure esterne al contesto aziendale è frutto dell’evoluzione del modo di fare selezione.
“Oggi i lavoratori sono molto più attenti a quello che dicono”, ha spiegato in una recente intervista Paolo Citterio, presidente nazionale Associazione direttori risorse umane. Intraprendenza e proattività deriverebbero in effetti da “cambiamento generazionale, maggiore informazione in materia di lavoro e difficoltà a trovare un impiego” che spingono i giovani ad aggiungere un tratto distintivo al proprio curriculum. E che può emergere più facilmente da business games, role playing e fact finding, prove cardine di un assessment center efficace.
Il consiglio è però quello di non perdere di vista chi si è davvero, cercando di valorizzare al meglio le proprie capacità e utilizzarle come base sicura per affrontare persone e situazioni diverse. Inutile sprecare il tempo a indossare inutili maschere. Valorizzarsi è bene. Non mascherarsi è meglio.

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