Governance, governace, governance. Non c’è argomento che stia più a cuore agli atenei italiani. Ed è per questo che lo scorso 28 gennaio la giunta della Crui ha dato vita a un documento che riorganizza le dinamiche del governo delle università. Il punto cruciale su cui si pone l’attenzione è la durata del mandato rettorale.
Gli anni che un docente può passare sullo scranno più alto sono stabiliti dai singoli statuti. Ma è noto che negli ultimi anni spesso sono state apportare modifiche proprio per aggirare questi limiti autoimposti. Ultimo caso proprio quello del rettore Decleva, presidente della Crui: poiché il suo mandato è in scadenza, qualche settimana fa lo statuto è stato modificato per consentire una proroga alla carica quando si ricoprono altri incarichi che altrimenti decadrebbero.
La proposta della giunta prevede “una carica per non più di due mandati di quattro anni ciascuno, ovvero di sette anni con un unico mandato”. Ma la riforma della governance si pone anche un’altra questione: quella del ruolo dei consigli di amministrazione e dei senati accademici. Spesso infatti sono l’uno la fotocopia dell’altro, sia nella composizione che nei compiti. L’idea è quella di un cda “di una composizione più stretta con una presenza di soggetti esterni” per un totale di circa 20 persone contro le 30 attuali; mentre per il Senato la Crui parla di 30 membri contro i circa 40 di oggi. Per quanto riguarda i ruoli invece il cda si occuperà più specificamente della definizione degli obiettivi, programmazione amministrativa, finanziaria e patrimoniale, ripartizione delle risorse attivazione dei corsi di studio; il senato invece avrà un ruolo di valorizzazione delle attività scientifiche e didattiche oltre che di rappresentanza della comunità accademica.
Ora la proposta dovrà essere approvata dall’assemblea intera il prossimo 19 febbraio e quindi diventare la base di discussione per un confronto con il governo.
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