Matteo Iannacone: da Harvard al Belpaese

L’intervista a Matteo Iannacone, ricercatore e medico specializzato in Medicina Interna. Attualmente negli Stati Uniti, dove ancora si trova in questi giorni, tornerà nel Belpaese per intraprendere la sua nuova avventura italiana: investigare la dinamica delle risposte immunitarie antivirali. Il merito è anche dell’Armenise-Harvard Foundation che, con un finanziamento di 2 milioni di euro, si è accaparrata uno dei più brillanti ricercatori al mondo in questo ambito.

L’intervista a Matteo Iannacone, ricercatore e medico specializzato in Medicina Interna. Attualmente negli Stati Uniti, dove ancora si trova in questi giorni, tornerà nel Belpaese per intraprendere la sua nuova avventura italiana: investigare la dinamica delle risposte immunitarie antivirali. Il merito è anche dell’Armenise-Harvard Foundation che, con un finanziamento di 2 milioni di euro, si è accaparrata uno dei più brillanti ricercatori al mondo in questo ambito.
Dott. Iannacone, in cosa consistono i suoi studi alla Harvard?
La mia ricerca riguarda lo studio dei meccanismi responsabili della migrazione delle cellule del sistema immunitario e delle interazioni tra i diversi tipi cellulari durante una riposta immunitaria, in particolare nei confronti dei virus. Usando tecnologie d’avanguardia, come la microscopia intravitale multifotone, sono in grado di osservare “in tempo reale” gli eventi che conseguono all’entrata di un virus nell’organismo.
Per esempio?Quali cellule riconoscono i virus, quali cellule vengono attivate, quali cellule ne prevengono la disseminazione sistemica, quali sono in grado di eliminarlo.
E in Italia cosa verrà a fare?
Per continuare questi studi, ma vorrei anche estendere le mie ricerche ai virus che causano epatiti virali croniche.
Qual è, attualmente, lo stato dell’arte della ricerca in questo campo?
La microscopia intravitale multifotone sta letteralmente rivoluzionando diversi settori della ricerca biomedica e in particolare le neuroscienze e l’immunologia. Diversi gruppi, tra cui anche qualcuno in Italia, hanno iniziato a utilizzare questa tecnica nelle loro ricerche.
Che contributo sono in grado di dare i suoi studi e che risultati auspica di ottenere?
La mia è ricerca di base, ma l’elucidazione dei meccanismi alla base delle risposte immunitarie nei confronti dei virus possono avere ricadute pratiche per la creazione di nuovi vaccini intelligenti e per la cura delle epatiti virali croniche.
Interessante a parole, immaginiamo sia molto impegnativo nei fatti. Come si è appassionato a questo particolare ambito?
Come spesso accade nella ricerca, la scelta di occuparmi di immunologia è stata “casuale”, nel senso che è stata legata a un’opportunità che ho avuto di andare in un prestigioso laboratorio negli Stati Uniti. Una volta nel campo dell’immunologia, la scelta di occuparmi delle risposte immunitarie ai virus è dovuta al fatto che penso sia il sistema migliore per capire il funzionamento del sistema immunitario, visto che questo si è evoluto proprio per rispondere agli agenti patogeni.
Perché ha scelto di tornare in Italia? Coraggio o convinzione che anche da noi la ricerca di alto livello si può fare bene in condizioni adeguate?
Entrambi. In Italia ci sono molti ricercatori di alto livello e spesso l’unica cosa che manca per fare la differenza sono i fondi. Questo finanziamento da parte dell’Armenise-Harvard Foundation dovrebbe consentire di portare avanti le mie ricerche allo stesso livello con cui le sto facendo qui a Harvard.
Inizialmente, la sua base sarà il San Raffaele di Milano: perché ha scelto questa struttura?
È senz’altro uno dei centri di eccellenza per la ricerca in Italia, ma anche perché il San Raffaele ha deciso di investire nell’area di ricerca che mi interessa.
Poi, però, potrà coronare il suo sogno: aprire un proprio laboratorio. Ce ne parli.
Per adesso il laboratorio ha un nome provvisorio, che è Immune Cell Dynamics Lab. Si può consultare il sito web all’indirizzo www.matteo.iannacone.org. La struttura sarà operativa dall’ottobre 2010.
Con quante persone ci lavorerà?
Beh, questo dipende da quanti finanziamenti aggiuntivi riuscirò a ottenere da qui a ottobre. Senz’altro non meno di 3-4.
Che consigli si sente di dare a un giovane ricercatore che volesse impegnarsi nello stesso ambito di ricerca?
Quello di fare un’esperienza di ricerca all’estero, possibilmente negli Stati Uniti, e di non scoraggiarsi di fronte alle difficoltà intrinseche nel portare avanti un progetto di ricerca. Mi piace sempre ricordare una citazione di Thomas Edison che recita in questo modo: genius is 1% inspiration, 99% perspiration…
Edoardo Massimi

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1 comment
  1. lo stato dovrebbe offrire molte più opportunità di lavoro ai nostri ricercatori, possibile che una mia amica con un dottorato di ricerca conseguito ad appena 27 anni, debba buttare anni di studio e di sacrifici non trovando altro che mettersi a fare la venditrici telefonica?

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