Zanzare tigre alla Sapienza

Lab Sapienza, a cielo aperto, per una serie di esperimenti scientifici condotti dagli entomologi del dipartimento di Scienze di Sanità Pubblica e Malattie infettive.

La Città universitaria della Sapienza si è trasformata in un grande laboratorio a cielo aperto, per una serie di esperimenti scientifici condotti dagli entomologi del dipartimento di Scienze di Sanità Pubblica e Malattie infettive che hanno liberato uno sciame di zanzare tigre (Aedes albopictus), per poi ricatturarle con trappole a colla brevettate dal gruppo di ricerca stesso.
Le sperimentazioni, coordinate dalla ricercatrice Alessandra della Torre, hanno prodotto due studi appena pubblicati che forniscono informazioni importanti per la pianificazione di strategie di controllo di questa specie, soprattutto negli interventi mirati all’interruzione della trasmissione di virus patogeni.
Il primo studio riguarda la capacità di dispersione della zanzare tigre in aree urbane (a Roma la specie è ormai endemica da dieci anni).  Gli esemplari marcati e rilasciati nella Città universitaria sono stati ricatturati in prevalenza nei primi 5 giorni entro 150 metri di distanza lineare dal punto di rilascio (statua della Minerva).
Alcune femmine sono state ricatturate a distanze superiori anche a soli 3-4 giorni dal rilascio e altre si sono dimostrate in grado di raggiungere i confini della città universitaria. Queste prime indicazioni sulla capacità di dispersione di Aedes albopictus in un’area urbana europea forniscono elementi utili per affrontare  casi concreti di trasmissione di virus patogeni.
Ciò si è reso necessario, per esempio, in occasione dell’epidemia del virus Chikungunya del 2007 a Ravenna o come invece potrebbe accadere per il virus febbrile acuto Dengue, di cui è stato segnalato qualche giorno fa in Francia il primo caso di contagio da puntura di zanzara tigre.
Il secondo studio riguarda la scelta dell’ospite su cui le femmine di questa specie compiono il loro pasto di sangue. Il lavoro è stato compiuto su zanzare selvatiche catturate oltre che nell’area della Città universitaria, anche nel cimitero del Verano ed in due aziende agricole all’interno del Comune di Roma.
I risultati hanno complessivamente  evidenziato come in aree ad alta densità di popolazione, oltre il 90% delle punture vengano effettuate sull’uomo. Questi primi dati sulla nicchia trofica della specie in Italia forniscono importanti elementi per la valutazione del rischio di trasmissione di virus umani e zoonotici.

Total
0
Shares
Lascia un commento
Previous Article

Uniba, parte in ritardo l'anno accademico

Next Article

Polo: elezioni alle porte

Related Posts