Quello che le aziende vogliono

Tra le competenze dei giovani che gli imprenditori lamentano: scarsa conoscenza delle lingue, scarsa capacità di lavorare in gruppo, poca vivacità intellettuale. Il terreno dove “si gioca” la partita dell’efficienza lavorativa inoltre, è rappresentato dalle conoscenze interdisciplinari. Sempre più, sarà necessario possedere una conoscenza trasversale che consenta di prevenire, gestire e risolvere problemi e conflitti. Un excursus sulle condizioni e le attese del mercato del lavoro, mediante l’esperienza e l’alta professionalità di Vittorio Maffei, Managing Director per l’Italia di InfoJobs.

Quali sono le competenze richieste ai giovani, dal mercato del lavoro?

Partiamo dalle lingue. La conoscenza di almeno una lingua straniera. L’inglese è ormai considerato un dato acquisito dalla maggior parte delle aziende. Mi permetto di dire che si sottovaluta la conoscenza dello spagnolo, lingua di un  mercato di 400 milioni di parlanti, considerando la Spagna, il Sud America e gli stessi Stati Uniti. Inoltre, si considera fondamentale la capacità di inserirsi in un contesto sociale – aziendale. Spesso si riscontra nelle giovani leve un atteggiamento “scolastico” tipo:” sono le 11.00 devo fare la pausa, sono le 17.00, devo andare a casa”. E’ importante per un giovane, capire i linguaggi e le dinamiche aziendali, lontani dalla loro realtà formativa. Per questo è fondamentale che il giovane durante gli anni universitari, svolga delle esperienze di stage e/o di lavoro di qualsiasi genere che gli dia la possibilità di osservare il contesto aziendale,  per creare una “sana” discontinuità con il mondo accademico, anche mediante soggiorni all’estero.  Inoltre, è da segnalare che i tirocini aziendali, ben congegnati, costituiscono davvero l’anticamera del lavoro.

I diktat del mercato, quelli irrinunciabili, per cui non possiamo farci trovare impreparati.

Sussistono molte possibilità per la parte commerciale più ampia del termine, il settore del marketing e, si confermano, ingegneria ed economia.  Valore aggiunto, conoscenza delle lingue. In particolare, il settore delle energie rinnovabili è in piena espansione e mancano le figure tecniche di riferimento e i tecnici commerciali. Se a promuovere, per esempio, un impianto fotovoltaico, è una persona che conosce il prodotto, si cambia lo stesso senso del lavoro che comunemente di definisce “venditore”. In merito alle lauree umanistiche, la richiesta in ambito aziendale è scarsa, ed è spendibile solo per le Risorse Umane, selezione del personale.  Consideriamo inoltre, il tessuto industriale e imprenditoriale del territorio. La ricerca del personale è ovviamente molto legata al tessuto locale.

Come affrontare i colloqui di selezione in modo deciso e allo stesso tempo sereno, senza mostrare ansia o insicurezza?

E’ fondamentale mostrare interesse per l’azienda alla quale ci si sta candidando, capire chi si ha di fronte e, non porre domande che rivelano un atteggiamento rigido e teso, in primo luogo, allo stipendio e all’orario di lavoro. La visione di un rapporto aziendale codificato e strutturato si scontra con una realtà lavorativa in movimento, dinamica che richiede spirito di adattamento e comprensione degli obiettivi aziendali, spesso ci si aspetta che tutto venga pianificato fin dal primo giorno. Capisco che la mancanza di garanzie contrattuali che caratterizza il mondo lavorativo, generi demotivazione, ma il primo approccio con l’azienda è un momento di crescita fondamentale per il giovane che deve “rubare con gli occhi” e, iniziare a capire, il funzionamento delle dinamiche di gruppo.

Quali pensa siano le misure contrattuali che andrebbero considerate per creare maggiore flessibilità, senza penalizzare i diritti del lavoratore?

Prima di tutto attenuare la rigidità salariale, per esempio, un salario che non è garantito dai minimi, ma che può avere un margine di variazione, a seconda della produttività del lavoratore. Ridurre il numero dei contratti “volatili” e, al tempo stesso, stabilire che i diritti acquisiti non siano imperituri. Altrimenti si vivono solo gli effetti discorsivi della flessibilità.  All’estero, il mercato del lavoro è concretamente flessibile, anche a livello sociale. Una persona che perde un lavoro, non si trasforma in un emarginato,  non è marcato a fuoco. In Italia il ricollocamento è arduo e psicologicamente gravoso. In altri mercati viene gestito in modo più dinamico. In Italia quando si assume una persona , si sa che è per la vita, come il matrimonio. Una condizione psichica opprimente sia per il dipendente (nel momento della scelta), che per il datore di lavoro.

Amanda Coccetti

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