Adi, borse di dottorato ridotte del 25,9% «Ma i dottorandi non pagati aumentano»

«L’85% dei 13.400 assegnisti odierni non potrà continuare la propria carriera nell’Università. Più della metà di questi abbandonerà la ricerca senza alcuna forma di ammortizzatori sociali».

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«L’85% dei 13.400 assegnisti odierni non potrà continuare la propria carriera nell’Università. Più della metà di questi abbandonerà la ricerca senza alcuna forma di ammortizzatori sociali». E’ la denuncia dell’Adi (Associazione dottorandi e dottori di ricerca italiani) che, con numeri alla mano, sottolinea il blocco delle assunzioni e la drastica riduzione delle borse di dottorato, nel corso degli ultimi 4 anni, bandite da 23 università italiane.

Nel corso degli ultimi 4 anni, le borse sarebbero passate dalle 5.553 dell’anno accademico 2008/2009 alle 4.112 dell’anno 2011/2012, con una riduzione del 25,9%. «Insieme a questo processo – ha denunciato Chiara Orsi dell’Adi – c’è stato un aumento della percentuale dei dottorandi senza borsa sul numero complessivo di dottorandi, con 4 atenei in cui i dottorandi senza borsa superano il 50%». Si presentano così i primi segni della proliferazione del dottorato senza borsa dovuta all’art. 19 della legge Gelmini».

Secondo un monitoraggio sulla tassazione dei dottorandi senza borsa nelle università, svolto dall’Associazione e illustrato da Valentina Maisto, emerge una «assoluta eterogeneità e discrezionalità» nella determinazione dell’importo della tassazione, creando una duplice discriminazione, «la prima – ha spiegato – legata all’essere un dottorando senza borsa, la seconda determinata dalla sede in cui si vince il concorso». «Infatti – ha aggiunto – i minimi della tassazione oscillano da 30 euro a 1.550 euro, i massimi da 30 euro a 2.204 euro. Inoltre, le modalità di tassazione sono profondamente differenti: in alcuni casi la tassa è fissa, in altri è legata al reddito familiare e, infine, solo in alcune università è possibile un’esenzione totale. Sussistono altresì numerose e inaccettabili differenze all’interno dello stesso ateneo».

Quanto al problema precariato, secondo l’indagine dell’Adi, presentata da Saverio Bolognani emerge come «la riduzione dei finanziamenti ministeriali agli atenei dal 2008 in poi si sia tradotta in un crollo del numero dei precari della ricerca. Nel solo ultimo anno si è passati da 33.000 precari della ricerca a soli 13.400». «Per far fronte a questa vera e propria ecatombe – ha spiegato – alcune università hanno cominciato ad aumentare il numero di dottorati senza borsa e i dipartimenti che possono attingere a fondi esterni si rifugiano nell’utilizzo di contratti precari della peggior specie, che erano e rimarranno esclusi da qualsiasi tutela di welfare».

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